Antiossidanti e aterosclerosi
Prof. Pietro Santoianni, Direttore Clinica Dermatologica Università Federico II Napoli
La conoscenza delle diverse molecole che compongono il pool degli antiossidanti permette di definire formulazioni topiche specifiche in grado di Contrastare i danni indotti dai raggi Ultravioletti e dall’invecchiamento.
Nella pratica dermatologica sono quotidianamente indicate preparazioni contenenti antiossidanti: le molte somministrabili per via sistemica o le poche utilizzabili per applicazione topica. Ma in realtà risulta scarsa la conoscenza degli elementi costitutivi di queste preparazioni poiché, almeno per quel che riguarda quelle per uso topico, gli studi di base risultano scarsi ed effettuati prevalentemente su animali di laboratorio. Sono pochi inoltre quelli sull’uomo e pochissimi quelli effettuati nel campo della fotoprotezione. Qui saranno sintetizzate alcune delle attuali conoscenze riguardanti solo gli antiossidanti sperimentati per applicazione topica.
Molecole antiossidanti
Quando la cute è irradiata, l’ultravioletto UVB e UVA come è noto provoca la formazione di specie reattive dell’ossigeno, stress ossidativo e formazione di radicali liberi.
Ne risulta alterazione di proteine e di attività enzimatiche, perossidazione dei lipidi e danni delle membrane cellulari, soppressione della sintesi replicativa del DNA e danni mutageni. Inoltre, vi è attivazione di una cascata di mediatori cellulari, con le conseguenti azioni e formazione di acido cis-urocanico che determina immunosoppressione. La cute tuttavia contiene numerosi sistemi di protezione endogeni verso le specie reattive dell’ossigeno e i radicali liberi; sistemi di protezione interagenti tra loro. Questa capacità fotoprotettiva della cute comprende antiossidanti endogeni non enzimatici ed enzimatici e attività scavengers di radicali liberi, (molecole queste capaci di “sacrificarsi” per eliminare radicali liberi, che vengano ad alterare molecole di maggiore importanza per la vitalità cellulare). Elemento importante è la vitamina E presente nella epidermide, e antiossidante fondamentale è l’ascorbato o vitamina C. Fra gli antiossidanti e scavenger dei radicali liberi sono da includere i caratenoidi e gli ossicarotinoidi, il coenzima Q (ubichinone); il glutatione, (presente in notevole quantità nella epidermide), l’acido alfa-glicolico e altri antiossidanti.
Gli antiossidanti endogeni enzimatici sono rappresentati dalla superossidodismutasi (SOD), dalla catalasi, dalla GSH perossidasi (glutatione perossidasi), dalla GSH reduttasi. Questi sono capaci di eliminare perossido di idrogeno (l’acqua ossigenata che si forma nello stress ossidativo ed è molto tossica per la cellula) e sono capaci inoltre di proteggere enzimi molto importanti (come la glutatione perossidasi e la superossido dismutasi). è da tenere presente che la sintesi di questi enzimi antiossidanti è strettamente dipendente da alcuni cationi: selenio, zinco e rame.
Questo sistema complesso di difesa rappresenta un pool di antiossidanti che controlla gli effetti dell’ultravioletto. è interessante notare anche a questo proposito che la capacità antiossidante è più alta nelle cellule cheratinizzate rispetto agli strati terminali della epidermide. Vediamo singolarmente alcuni di questi scavangers e antiossidanti. La Vitamina E è un gruppo di tocoferoli e tocotrienoli nei quali l’alfa tocoferolo rappresenta la maggiore attività biologica. La vitamina E presenta principalmente un’attività scavenger di radicali liberi più che una capacità di controllo della catena ossidativa, e altre attività come la stabilizzazione delle membrane celllulari. è molto efficace per difendere dal danno UV. è stato dimostrato un effetto protettivo verso sia l’UVB che l’UVA in colture di cheratinociti umani. Ovviamente il deficit di vitamina E provoca aumento di perossidi nella cute ed è accentuato dalla radiazione UV e anche dal VIS. L’applicazione di alfa-tocoferolo provoca aumento della vitamina nella cute di molte decine di volte, che persiste ancora dopo irradiazione di UV (tra i 290 e i 400). Studi sull’applicazione topica nell’uomo hanno dimostrato che l’afa-tocoferolo inibisce l’eritema indotto dallo UV, diminuisce la formazione di sunburn cells; e questo avviene anche se l’alfa tocoferolo è applicato dopo irradiazione. La prevenzione del fotodanno si manifesta anche a carico del DNA: l’alfa-tocoferolo applicato anche dopo l’irradiazione induce una riduzione di circa il 50% della formazione di dimeri della timina e anche riduzione della immunosoppressione indotta dall’UV. Interessante è che la vitamina E è capace di prevenzione dei danni sulla formazione di collagene indotti dalle specie reattive dell’ossigeno (come è stato dimostrato mediante culture di fibroblasti). Così, il deficit di vitamina E induce aumento di collagene insolubile, (in sperimentazioni però su ratto) per inefficace protezione verso la formazione di perossidi. Pertanto la vitamina E rallenterebbe il danno ossidativo nell’invecchiamento della pelle attraverso protezione del collagene.L’alfa-tocoferolo è tuttavia instabile e la sperimentazione in campo di dermocosmesi funzionale ha portato all’accertamento che l’acetato e altri esteri stabili possono essere convenientemente utilizzati. Il tocoferolo acetato è assorbito e convertito a tocoferolo libero; riduce il danno da UV applicato prima dell’irradiazione dell’UVB o anche dopo, (svolgendo un ruolo nella eliminazione di fotoprodotti). Tuttavia alcuni recenti studi hanno dimostrato che il tocoferolo acetato è metabolizzato con notevole lentezza dalla cute, (cioè è deacetilato molto lentamente). Un altro antiossidante endogeno molto importante è rappresentato dall’acido ascorbico (ascorbato o vitamina C), che esercita una notevole capacità fotoprotettiva nella cute nel pool degli antiossidanti endogeni. è capace di rigenerare i radicali formatisi da tocoferolo ed è a sua volta ridotto dai sistemi comprendenti coenzimi (NADH etc). Tutti gli studi hanno concordato nell’attribuire all’ascorbato una funzione centrale che può essere espressa dicendo che si tratta di una vera e propria riserva di attività antiossidante. Un incremento del network antiossidante è realizzato, come attendibile da quanto si è detto, dall’applicazione di C e E insieme come è stato dimostrato con studi dopo irradiazione su animali di laboratorio. Si ha efficace fotoprotezione anche a dosi basse, cioè dopo singola applicazione. è interessante che l’applicazione di alfa-tocoferolo provoca aumento di perossido dismutasi, di ascorbato e di GSH: l’applicazione di vitamina E quindi provoca una up-regulation del sistema antiossidante endogeno. Ne deriva che il sistema antiossidante può essere modulato cambiando un singolo parametro del pool. (L’aumento del tocoferolo probabilmente modula la regolazione genica degli antiossidanti enzimatici.) Vi è interdipendenza con gli altri antiossidanti con incremento pertanto della totale capacità antiossidante che può essere affidata anche a uno solo degli antiossidanti.
Una importanza notevole nella capacità fotoprotettiva della cute è attribuibile al glutatione, ma l’applicazione locale di glutatione non è utile in quanto questo tripeptide non penetra attraverso la cute, mentre penetrano derivati del glutatione come l’etil estere. (Studi su animali di laboratorio hanno dimostrato un aumento del glutatione nell’epidermide in seguito all’applicazione di questo estere). Fortemente attivo è il sistema costituito da glutatione e tocoferolo con ione selenio. Studi sull’applicazione topica degli esteri del glutatione hanno dimostrato un effetto fotoprotettivo e capacità di controllo della immunosoppressione indotta da UV. Anche altri precursori del glutatione come la cistina sono capaci di prevenire la immunosoppressione UV indotta. è notevole la importanza sulla prevenzione della immunosoppressione del glutatione e dei suoi precursori. Capacità fotoprotettiva sembra avere anche la taurina che realizza una protezione a livello delle membrane. La taurina è interessante perché è un aminoacido libero a livello tessutale che si riduce con l’età ma è disponibile per sintesi endogena soltanto per il 40%, il resto deve essere assunto attraverso alimentazione. L’UV inibisce l’enzima responsabile della sua formazione e la supplementazione topica sembra ridurre l’eritema indotto da UV secondo alcuni studi preliminari. Un potente antiossidante endogeno è rappresentato dall’acido alfa-lipolico che è cofattore enzimatico delle deidrogenasi. Penetra facilmente nella cute ma è attivo trasformato in acido diidrolipolico. Antiossidanti endogeni di rilievo sono i carotenoidi: betacarotene, licopene e ossicarotenoidi come zeaxantina e luteina. I carotenoidi non richiedono rigenerazione: il loro “quencing” è di natura fisica e lascia la struttura intatta. Tuttavia il betacarotene reagisce meno del tocoferolo coi radicali liberi ed è solo un debole antiossidante. Su animali di laboratorio è stata dimostrata per applicazione topica protezione dall’azione eritemigena dell’UVB. Inoltre betacarotene e vitamina E sempre per applicazione topica riducono il danno degli enzimi antiossidativi indotto da UV. Il sistema betacarotene, tocoferolo e acido ascorbico protegge dall’azione eritemigena di UVB, in studi per applicazione topica. Infine l’applicazione topica di enzimi del sistema antiossidante conduce a prevenzione di formazione delle cellule sunburn da parte di catalasi ed effetto protettivo per SOD (sempre su cute di animali di laboratorio). Interessante infine è anche che l’emossigenasi, enzima la cui produzione è indotta dalla radiazione elettromagnetica è uno dei sistemi di protezione naturali. Questo comprende altre proteine indotte da stress. Rappresenta un interessante sistema di protezione nella fotoesposizione cronica. Questo è l’unico enzima che consistentemente aumenta in seguito alla irradiazione indotta da UV mentre gli altri enzimi sono danneggiati dalla irradiazione. In conclusione l’irradiazione UV attiva la capacità fotoprotettiva della cute, tuttavia la maggior parte dei sistemi naturali di fotoprotezione diventa insufficiente dopo intensa e prolungata esposizione agli UV. La fotoprotezione locale e quella sistemica consentono di incrementare tali sistemi.
Antiossidanti e Aterosclerosi
L’arteriopatia periferica è spesso la manifestazione clinica della formazione di placche aterosclerotiche che, diminuendo o addirittura occludendo il lume delle arterie prossimali, riducono l’afflusso di sangue e la pressione di perfusione nella circolazione distale fino a portare, nel caso più grave, all’ischemia. Secondo l’ipotesi ossidativa, la formazione della placca aterosclerotica avverrebbe per accumulo progressivo nell’intima del vaso di lipoproteine modificate, in particolare di LDL(low density lipoprotein) ossidate.
Inoltre, l’aumento dell’espressione di molecole di adesione cellulare e il rilascio di citochine e fattori di crescita contribuisce a richiamare nella sede della placca monociti e macrofagi che, inglobando le LDL ossidate, si trasformerebbero nelle foam cell. L’ipotesi ossidativa è stata confermata da alcuni studi che hanno evidenziato nelle placche aterosclerotiche la presenza di LDL ossidate, di anticorpi contro le LDL ossidate e di alcuni enzimi coinvolti nei processi ossidativi, come ad esempio la mieloperossidasi. Al fine di definire l’esistenza di una relazione causa-effetto tra stress ossidativo e aterosclerosi, alcuni studi hanno evidenziato concentrazioni di isoprostani, eicosanoidi prodotti dall’ossidazione non enzimatica dell’acido arachidonico e quindi marker per valutare lo stato ossidativo delle placche aterosclerotiche, in animali deficitari per l’apolipoproteina E (ApoE) sottoposti a dieta ricca di colesterolo, significativamente superiori rispetto a quelle registrate in animali di controllo. La somministrazione di vitamina E consentiva di ridurne le elevate concentrazioni e l’area della lesione aterosclerotica, dimostrando che la concentrazione plasmatica di vitamina E è inversamente proporzionale allo stress ossidativo e quindi alla presenza di placche aterosclerotiche. In uno studio recente si è valutata la localizzazione delle LDL ossidate in pazienti con stenosi critica della carotide che si dovevano sottoporre a endoarterectomia.
Dall’analisi immunoistochimica è emerso che le LDL sono principalmente localizzate all’interno dei macrofagi e questo dato conferma la validità dell’ipotesi ossidativa per le placche aterosclerotiche anche nell’uomo, dal momento che l’unica forma di LDL che si può accumulare all’interno dei monociti è appunto quella ossidata. L’utilizzo di sostanze antiossidanti può contribuire a ridurre l’ossidazione delle LDL e quindi l’accumulo di colesterolo all’interno delle placche, prevenendo così la cascata di reazioni che porta al danno vascolare. Esistono antiossidanti, come la vitamina E, che bloccano le reazioni a catena dei perossidi lipidici, oppure antiossidanti che agiscono sulle cellule endoteliali riducendo la quantità di radicali liberi dell’0due. Le cellule endoteliali producono infatti l’ossido nitrico (NO), una sostanza che, oltre ad avere effetti vasodilatanti e antiaggreganti, tende a reagire con l’anione superossido (O-2) contribuendo alla formazione del composto perossinitrite che ha proprietà ossidanti. Se nell’intima del vaso, dove si trovano le LDL, i “sistemi ossidanti” sono più efficienti di quelli “riducenti”, si formano le LDL ossidate; che, oltre a favorire il processo aterosclerotico, influenzano negativamente il microcircolo, aumentando la produzione di endotelina-1, che è un potente vasocostrittore endogeno e favorisce la formazione di trombi. Il bilancio è estremamente delicato: se l’NO è in eccesso rispetto all’O-2, il risultato è un effetto antiossidante; se invece la concentrazione di NO è equimolare o inferiore all’O-2 prevale l’effetto pro-ossidante. Obiettivo della terapia antiossidante non deve pertanto essere la sola riduzione dei radicali liberi, ma anche la modulazione del rapporto NO/O-2 a livello della cellula endoteliale.
Una delle principali vie metaboliche che produce radicali liberi è quella dell’acido arachidonico, si è pertanto ipotizzato che una modulazione di questa attività enzimatica possa contribuire a ridurre la formazione dell’anione superossido. La carnitina, grazie alla sua funzione di carrier degli acidi grassi, interagisce con l’acido arachidonico rendendolo meno disponibile ai processi ossidativi enzimatici e non enzimatici che avvengono all’interno della cellula. Questa osservazione ha portato a ipotizzare che la modulazione della sua attività possa consentire di controllare la formazione di LDL ossidale, riducendo la formazione di radicali liberi. Uno studio ha valutato in vitro l’effetto di L-acetil-carnitina su leucociti stimolati con FMLP e ha misurato la riduzione della concentrazione di OH- che è risultata direttamente proporzionale alla concentrazione di carnitina nel sistema. Risultati simili sono stati osservati dopo incubazione con L-propionilcarnitina sia di campioni di sangue intero stimolato con FMLP sia di cellul endoteliali stimolate con lipopolisaccaride (LPS). Questi risultati suggeriscono un potenziale ruolo antiossidante di L-propionilcarnitina sulle cellule endoteliali e quindi un suo ruolo nella prevenzione dell’accumulo di LDL ossidate nelle placche aterosclerotiche. (F.V.)