Meno sale e più erbe aromatiche

di Sabrina Guzzoletti

In tutte le regioni italiane si utilizza troppo sale in cucina. Ma molto di più è nascosto negli alimenti confezionati e può arrecare danni.

Il recente allarme lanciato dall'(Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri è chiarissimo. Sulle tavole degli italiani si consuma troppo sale e ciò danneggia l’organismo in maniera maggiore del fumo o dei chili di troppo. ”Questa notizia non mi sorprende dice Marc Mességué, noto fitoterapeuta francese da anni trasferitosi in Italia mentre scorre i risultati dello studio Minisal-Gircsi, coordinato dal Prof. Strazzullo dell’Università di Napoli Federico II in collaborazione con l’ISS (l’istituto Superiore di Sanità), l’Istituto Nazionale di Ricerca sugli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), l’Università Cattolica di Campobasso, l’Università di Foggia e la Fondazione per l’ipertensione arteriosa. ”Sono anni che dico che gli italiani mangiano troppo salato. Oggi sappiamo che nove persone su dieci introducono ogni giorno in media 10 grammi di sale, il doppio della quantità giornaliera raccomandata dall’Oms che è di 5 grammi”. Nel Maniero di Melezzole, fra Orvieto e Todi, trasformato in uno splendido Centro Benessere, si propone da sempre la dieta di un giorno di magro: ”Un sistema vecchio come il mondo – ci spiega Mességué – un solo giorno a settimana di corretta regola alimentare mangiando il giusto senza sale e olio. Questo per le 52 settimane dell’anno. Bevendo molta acqua. Ci vuole un pò di costanza, il dimagrimento sarà più lento, ma soddisfacente e soprattutto duraturo.

Ma cerchiamo di approfondire il tema del sale e dei rischi per la salute. In molti ritengono che l’industria agroalimentare c’imbottisce oltremisura di sale. In uno studio promosso dall’Istituto Nazionale della Sanità francese, qualche anno fa si denunciava che in una miriade di prodotti presenti quotidianamente sulle nostre tavole c’è sale aggiunto, in quantità eccessive tanto da intossicare il nostro organismo. Pierre Meneton il ricercatore dell’Inserm che ha condotto questa indagine ha scoperto che attraverso l’alimentazione e il consumo di prodotti industriali arriviamo ad ingerire 4 chili di cloruro di sodio all’anno che è il doppio della quantità fissata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. ”Il problema – aggiunge Mességué – è che in molti casi non viene neppure indicata la quantità reale di sale e ci si limita solo a indicare la presenza di sodio. Pensate che in una tazza di cereali, quelli che consumiamo al mattino durante la prima colazione, è contenuto tanto sale quanto quello presente in un bicchiere d’acqua di mare! Sale nascosto quindi, ma dove? Nelle zuppe, nei biscotti, nelle bibite a base di soda, nel pane, nei piatti pronti. Ma perché si aggiunge il sale? Nella catena del freddo il sale serve per conservare gli alimenti ma grazie alla sua capacità di trattenere l’acqua il cloruro di sodio aumenta artificialmente il peso di molti alimenti e quindi anche il loro prezzo al chilo. E ancora il sale è un ”esaltatorè di sapori ma li nasconde anche, soprattutto quando il prodotto è di bassa qualità, inoltre aumenta l’appetito cioè a dire che più cibi salati mangiamo, più si è attratti da prodotti salati.

Conseguenza più grave e dannosa per la salute è l’aumento della pressione arteriosa e del peso. Inoltre, è ben noto che più si mangia salato e più si beve e, probabilmente, una diminuzione delle quantità di sale negli alimenti, vedrebbero diminuire su larga scala le vendita dei loro prodotti. Ma torniamo allo studio scientifico dei Cardiologi italiani. I dati raccolti su circa 3000 adulti tra i 35 e i 79 anni dimostrano che coloro che andavano oltre i limiti col sale erano più soggetti a ipertensione e ipertrofie del ventricolo cardiaco sinistro, a infarto e ictus più dei fumatori e degli individui in sovrappeso. Inoltre confermano che viene favorita l’insorgenza dell’osteoporosi. ”Tutti i segmenti della popolazione beneficerebbero della riduzione del sale – afferma la prof.ssa Marino Scherillo, presidente dell’Anmco – Questi vantaggi sarebbero addirittura superiori a quelli derivanti dalla riduzione del fumo, dal controllo del sovrappeso e dalla lotta all’ipercolesterolemia, e garantirebbero un risparmio delle spese sanitarie fra i 7 e i 16 miliardi di euro all’anno, migliorando di gran lunga la qualità della vita in età avanzata. La ricerca è anche riuscita a definire che nonostante le diverse gastronomie, nelle regioni esaminate fino ad oggi, il consumo di sale è sempre superiore ai 9 grammi negli uomini e a 7 grammi nelle donne adulte (35-79 anni). Maglia nera al Sud: in Basilicata, Calabria e Sicilia dove si introducono in media 2 grammi di sale in più al giorno, rispetto alla media dei 10 grammi. ”Basterebbe – conclude bonario Marc Mességué – riscoprire l’uso delle piante aromatiche che sono abbondantissime in tutto il territorio, e che non solo insaporiscono i cibi ma hanno anche importanti proprietà diuretiche e stimolano al meglio la digestione”.