Il mondo del vegetarismo è molto più variegato di quello che si possa immaginare. Parliamo oggi di chi mangia solo frutta e verdura
Di Mara Macri’
E’ da tempo che un esercito di vegetariani non fa che evidenziare i vantaggi che comporterebbe una dieta senza l’assunzione di proteine animali, ma il mondo del vegetarismo è vasto e conosciuto, forse, solo da chi lo pratica. Spesso si tende a confondere vegetariani, vegani, fruttariani e macrobiotici, mettendoli tutti sullo stesso piano, in realtà la differenza c’è e, spesso, il termine “vegetariano” viene usato anche impropriamente per indicare modalita’ di alimentazione molto diverse tra loro. A stabilire infatti le appartenenze, possono essere sia i cibi assunti che le motivazioni che esistono alla base di queste scelte alimentari. Quelle morali sono tra le più diffuse e riconducibili alla consapevolezza delle morti inflitte agli animali nei macelli e negli allevamenti. Infatti la simpatia che i vegetariani provano per gli animali li porta a escludere dalla loro tavola queste proteine, insomma per una sorta di diritti violati. Un altro motivo è quello della salute perché, secondo loro, la carne sarebbe la prima responsabile delle malattie generative come l’infarto, il cancro, il diabete ecc., così come altri, che abbracciano religioni che vietano il consumo di carne, cambiano il loro modo di mangiare. Il termine vegetariano viene usato anche per indicare le diete vegane o vegetariane che oltre a evitare la carne escludono latte, formaggi, uova, miele, etc. mentre i macrobiotici non eliminano necessariamente dalla loro dieta il pesce e quindi non sono vegetariani, sebbene non mangino, anche loro, latticini e uova. Poi ci sono i crudisti che si alimentano esclusivamente di vegetali e frutta rigorosamente crudi, eliminando qualsiasi alimento che per essere consumato deve essere cotto, come a esempio i cereali. Le ragioni di questa scelta sono esclusivamente salutistiche e si basano sul fatto che la cottura è un elemento introdotto dall’uomo, per di più, inizialmente per rendere più morbide le carni. I pescetariani invece sono degli onnivori che per ragioni, ritengono salutistiche, eliminano solo la carne dalla propria dieta, questi non sono certamente classificabili come vegetariani in alcun senso. Veniamo ora ai fruttariani, una corrente del vegetarismo che sembra, piuttosto seguita da molti per motivi salutistici e ipocalorici. Si cibano solo di frutta, includendo nella loro alimentazione semi come noci, pistacchi, mandorle e solo alcuni ortaggi. Assumono la vitamina A con il suo effetto anticheranizzante che dovrebbe mantenere giovani le cellule più a lungo attraverso albicocche e meloni, la vitamina E antiossidante e responsabile di un effetto giovanile, attraverso mandorle, noci, avocado e da alcuni ortaggi a foglie verdi come asparagi e spinaci, la vitamina C che ostacola l’invecchiamento cutaneo aiutando l’organismo nella sintesi del collagene contenuta nelle fragole, nella papaia e nei pomodori, inoltre assumono alcuni sali minerali come lo zinco attraverso i semi di zucca essiccati e il selenio attraverso l’aglio. Chi propone questa alimentazione è convinto che sia la più adatta alla fisiologia dell’uomo che è rimasto un frugivoro come i suoi antenati. Le diete di questo tipo, in genere, rispetto alle altre vegetariane risultano avere meno grassi e in colesterolo, e un maggiore introito di fibre e acidi grassi poli-insaturi, inoltre garantiscono un sistema intestinale più efficiente. Queste tipologie di diete sono pero’ molto impegnative, poichè nei casi in cui si eliminano uova e latte, la scelta alimentare diventa più importante, impegnativa e richiede una giusta preparazione riguardo la conoscenza delle proprietà nutrizionali degli alimenti, perché più facilmente si può determinare uno stato di denutrizione ipoproteica, iposalina e ipovitaminica. è vero che l’uomo originariamente si nutriva di frutta, semi e radici, ma questo era possibile nutrizionalmente in quanto non esistevano concimi, pesticidi e altro. Il cibo non veniva lavato, e i microrganismi veicolati come “inquinanti” con il cibo erano in grado di fornire all’uomo preistorico un’integrazione vitaminica. Ora tutto ciò appare improponibile non solo per ovvi motivi, ma perché attenti studi scientifici non confermano i vantaggi di diete così restrittive, il che rende questo tipo di alimentazione a rischio di carenze nutrizionali, se non adeguatamente integrata nell’uomo “moderno”.
Allergico alla pesca? Arriva il succo ipoallergenico
Succhi di frutta, marmellate e gelatine non rappresentano per tutti dei gustosi alimenti con cui fare colazione o merenda. Per molti, questi prodotti alimentari a base di frutta sono fonte di intolleranze e allergie sempre più diffuse, con sintomatologie che si manifestano a livello del cavo orale, del canale digestivo, della cute, dell’apparato intestinale e respiratorio. A esempio, tra i frutti che causano più allergie c’è la pesca, appartenente alla famiglia delle Prunoidee. Tra breve, pero’, per i soggetti allergici al succulento frutto estivo finiranno i tempi duri, grazie a uno studio condotto dall’Istituto di Scienza delle Produzioni alimentari del CNR di Torino che ha già permesso di produrre succhi di frutta e gelatine alla pesca ipoallergenici. E in attesa di assaggiare i nuovi succhi, vediamo come si è giunti a questo risultato. “La prevenzione e la cura delle allergie alimentari – spiega Amedeo Conti, responsabile dell’Ispa di Torino – richiede l’individuazione e la successiva caratterizzazione molecolare dei principali allergeni dei vari alimenti, ossia delle singole proteine che scatenano disturbi nelle persone allergiche. Va infatti precisato che malgrado ciascun cibo contenga molte centinaia di proteine, solamente pochissime (da 1 a circa 10) risultano allergeniche”. Una volta individuata la proteina responsabile della reazione allergica si possono percorrere due strade: eliminarla o modificarla. La prima soluzione è quella seguita dall’Ispa nello studio, condotto in collaborazione con altre istituzioni di ricerca italiane e straniere, sui frutti delle Prunoidee (pesca, albicocca, prugna e ciliegia) e che ha determinato la produzione di succhi e gelatine di pesca ipoallergenici, perché privati tecnologicamente della proteina incriminata. Ma le frontiere delle scienze alimentari vanno ben oltre e si preparano a sfornare altre ricette a prova di allergia, anche per quei soggetti che non tollerano alimenti a base di grano e mais, come la pasta o la pizza. “Il nuovo progetto comunitario in cui è coinvolta la nostra sezione – conclude Conti – prevede lo studio dei principali allergeni di grano, mais, soia e arachide, al fine di produrre ciascuno dei quattro alimenti completo di tutto il corredo proteico, ma comunque innocuo per chi è allergico. Questa volta, quindi, la proteina allergizzante non viene eliminata dal cibo, bensi’ modificata in modo che non possa scatenare reazioni allergiche. In tal modo è possibile avere a disposizione un alimento ipoallergenico, ma dotato di tutte le proprietà nutrizionali e biologiche di quello tradizionale”. (Cecilia Migali)