Il fastidio della cistite

del dott. Raffaele Soccio

Quante volte avete sentito le clienti lamentarsi di questo problema? Leggendo l’articolo potrete saperne di più.

Molte donne, nel corso della loro vita, vanno incontro a episodi di cistite. Spesso il problema diventa ricorrente o anche cronico, e non ci si riesce facilmente a liberare del fastidio. Anche se questo non è un argomento che appartiene all’estetica, pensiamo possa essere di aiuto all’estetista, e indirettamente alle sue clienti, conoscere meglio le origini della patologia, e soprattutto quelle precauzioni che possono ridurre i rischi e le complicanze. Cominciamo quindi con dare una definizione scientifica della cistite: si tratta di una infiammazione acuta o cronica della vescica urinaria, in genere causata da un’infezione batterica o, più raramente, da traumi o situazioni di diminuita resistenza immunitaria (per esempio dopo radioterapia). Il 20-30% delle donne adulte sviluppa uno o più episodi di cistite ogni anno, l’incidenza aumenta con l’età: è molto bassa nella fase prepuberale mentre con l’inizio dell’attività sessuale e le gravidanze cresce e continua ad aumentare dopo la menopausa. La probabilità di cistiti ricorrenti cresce se il numero di episodi precedenti è alto, diminuisce invece, tanto più lungo è stato l’intervallo tra le manifestazioni precedenti. Fra le cause più frequenti ci sono le vulvovaginiti e, nella maggior parte dei casi, i responsabili dell’infiammazione sono i batteri provenienti dall’intestino (colon-retto). Nell’80% dei casi, il maggior responsabile è rappresentato proprio dall’Escherichia Coli, seguiti dallo Stafilococco epidermidis e lo stafilococco fecale. Normalmente la vescica e le alte vie urinarie non contengono batteri, nell’uretra, invece, sono presenti batteri innocui che non provocano infezioni. Per questo, in genere, si pensa che il meccanismo di infezione sia quello ascendente: ossia i batteri patogeni provenienti dall’intestino, arrivano alla zona vaginale, passano quindi nell’uretra e da questa alla vescica. Questa risalita di batteri viene causata da alterazioni della normale flora batterica vaginale: per scarsa igiene, anche nel corso di rapporti sessuali. Vi può essere, però, anche una predisposizione genetica legata al fatto che potrebbero essere assenti alcune sostanze che hanno la funzione di impedire l’adesione dei batteri alla parete vescicale. Se l’igiene è la causa principale ecco i principali fattori di rischio: età, trauma meccanico da rapporti sessuali, uso del diaframma e creme spermicide che diminuiscono l’acidità della vagina, favorendo l’attecchimento dei batteri, prolasso uterino o vescicale, diabete, condizioni di immunosoppressione (uso prolungato di cortisonici, chemioterapia), calcolosi delle vie urinarie.

Come fa una donna a capire che potrebbe soffrire di cistite? I sintomi più gravi sono il dolore e il bruciore: localizzati nell’area del basso intestino, nell’uretra o nella vagina, associati frequentemente al rapporto sessuale. Si manifestano, in genere, quando si fa pipi’, raggiungendo a volte intensità intollerabile. Essi tendono ad attenuarsi una volta iniziata la minzione per poi aumentare alla fine, in modo violento, irradiandosi dall’uretra fino al retto. Dopo la pipi’, la zona rimane dolente, con un senso di bruciore che permane per qualche tempo. Altro sintomo da non trascurare è la cosiddetta pollachiuria, ovvero il moltiplicarsi del bisogno di andare al bagno per urinare piccole quantità. La mucosa vescicale è molto sensibile a causa dell’infiammazione e quindi alla minima distensione provoca il desiderio, il che aumenta la frequenza delle minzioni, ma con emissione di scarsissima urina. La pollachiuria dipende dall’intensità e dall’estensione della lesione e può divenire talmente accentuata da simulare una vera incontinenza. Non è infrequente la necessita’ di alzarsi ripetutamente di notte per lo stimolo a urinare (nicturia). A chi rivolgersi per la diagnosi? All’insorgere dei primi fastidi, al proprio medico di fiducia che provvederà alla diagnosi sia in base ai sintomi, che tramite l’esame delle urine e l’urinocoltura. Quando avrete modo di leggere i risultati, è frequente che nelle urine si evidenzino un elevato numero di globuli bianchi, la presenza di molti batteri, di globuli rossi, nitriti, e un aumento del pH. A che serve l’urinocoltura? Con questo esame è possibile individuare il germe responsabile dell’infezione oltre al numero di batteri presenti. E’ perciò importante che il prelievo delle urine sia eseguito in maniera corretta, senza inquinamento del campione raccolto, a causa di mani o genitali sporchi. Le urine del mattino vanno depositate direttamente nel contenitore sterile senza travasi da altri non sterili. Il procedimento non è proprio semplice: prima, ci si deve lavare bene le mani e i genitali esterni, poi si aprono con le dita le piccole labbra e s’inizia a fare pipì senza raccoglierla. Successivamente si dirige nel contenitore sterile l’urina intermedia fino a riempirlo, e poi si prosegue fuori di esso. Il campione deve essere portato in laboratorio entro un’ora dalla raccolta.

Se la concentrazione di batteri supera 100.000/ml. si procede a un antibiogramma, per capire a quale antibiotico è sensibile la colonia di batteri identificata. Se la cistite viene curata immediatamente e in modo corretto, i sintomi di solito scompaiono nel giro di pochi giorni. Può perdurare per una o due settimane un certo disagio. Occorrono circa una quindicina di giorni prima che le urine tornino a essere limpide e trasparenti. Se la cistite non regredisce rapidamente, se ci sono altri attacchi piuttosto frequenti o se tende a divenire cronica, il ginecologo esaminerà l’intero tratto urinario sia al citoscopio sia con altri esami specialistici che permettono di evidenziare eventuali altre malattie (fra le più frequenti una vaginite da trichomonas o da candida). Il decorso della malattia è vario, dipendendo dall’estensione e dall’entità delle cause scatenanti: spesso le forme acute regrediscono dopo trattamento adeguato, ma frequentemente la non individuazione delle cause o una terapia inadatta porta, dopo un periodo di frequenti recidive, a un cronicizzarsi.

A questo stadio le lesioni vescicali tendono a divenire autonome rispetto alle cause estrinseche, ed estremamente ribelli alle terapie. Tra le misure generali da adottare in caso di cistite sono importanti il riposo e la buona idratazione (più di 2 litri di acqua nelle 24 ore) per diluire la carica batterica presente in vescica. La terapia medica deve tenere presente che i germi patogeni più frequentemente causa di cistiti sono presenti a livello vaginale e hanno il loro serbatoio naturale nelle feci a livello del colon-retto. I farmaci migliori saranno quindi quelli attivi anche a livello vaginale e intestinale, ma attenzione al fai da te, o a seguire il consiglio dell’amica che già ci è passata, perché c’è il forte rischio di sviluppare resistenze batteriche agli antibiotici, che poi sono causa della inefficacia terapeutica nelle recidive. La terapia appropriata per un primo episodio di cistite o per una reinfezione prevede un ciclo di 7-10 giorni con antibiotici, possibilmente con il conforto di una urinocoltura con antibiogramma per meglio identificare il farmaco più appropriato per il batterio responsabile. Sfortunatamente, recenti statistiche affermano che circa il 25% delle donne che hanno un’infezione delle vie urinarie ne avrà successivamente tre all’anno. Per ciò è indispensabile chiedere al medico se continuare a prendere farmaci anche dopo l’episodi acuto, ma soprattutto adottare misure di profilassi che riducano le reinfezioni:

1) Abituarsi a bere molta acqua nell’arco delle 24 ore (almeno 1,5-2 litri).
2) Regolarizzare l’alvo combattendo la stitichezza.
3) Porre particolare attenzione all’igiene dei genitali esterni per evitare contaminazioni da parte di materiale fecale.
4) Svuotare la vescica dopo ogni rapporto sessuale.