Antibioticoresistenza una questione di pigrizia?

Qualcuno, in maniera forse un po’ forte, parla del rischio di una pericolosa abitudine che porta alla reiterazione della prescrizione, considerata efficace e sicura, a prescindere dai dati scientifici 
resistenza antibioticiUno dei temi di cui il medico non dovrebbe mai dimenticarsi, è la resistenza agli antibiotici: un fenomeno che si sta sviluppando sempre più rapidamente in ogni parte del mondo. Protagonisti indiscussi sia i bacilli Gram negativi, che i cocchi Gram positivi. L’ampiezza del problema è ancor più vasta quando ci si riferisce ai microrganismi responsabili delle infezioni ospedaliere. In questo scenario il trattamento delle infezioni causate da batteri resistenti, attraverso l’individuazione dell’antibiotico che è invece efficace, si presenta come una delle sfide più difficili per la medicina moderna. Di fatto, le infezioni resistenti agli antibiotici si caratterizzano anche per l’elevato costo sociale che si associa a trattamenti più lunghi e meno efficaci, qualità della vita generalmente meno buona e spesa sanitaria molto più elevata. Molto si conosce sui fattori di rischio che possono indurre un tasso d’infezione ospedaliera più alto: consumo elevato di antibiotici; pazienti con affezioni multiple; ricorso ad accessi vascolari invasivi o ventilazione meccanica; misure d’igiene insufficienti; tipologia di reparto, con prevalenza di quelli in cui si svolgono cure intensive. I principali germi responsabili di infezioni contratte in ambienti ospedalieri sono i Cocchi Gram positivi, come gli Stafilococchi coagulasi negativa, Staphylococcus aureus e gli Enterococchi, ma anche i germi Gram negativi come Pseudomonas aeruginosa, Enterobatteri; Klebsiella pneumoniae e diverse specie di Candida. Credere però che l’insorgere della resistenza batterica sia limitabile alla trasmissione di germi divenuti resistenti da paziente a paziente, oppure allo sviluppo di serbatoi di germi resistenti in ambito ospedaliero, è un errore che potrebbe rivelarsi fonte di molti problemi, specie fra i bambini, perché la resistenza è legata principalmente al cattivo uso di antibiotici topici e sistemici. È innegabile che ogni decisione presa nella pratica quotidiana è guidata dalle particolarità del paziente e dall’esperienza del medico curante, ma è ormai assodato che la scelta e la prescrizione di un trattamento antibiotico adeguato riducono al minimo le probabilità di sviluppare in seguito una resistenza. Vale la pena insistere sul fatto che un regime antibiotico iniziale inadatto consiste nella prescrizione di un agente antibiotico efficace contro una specifica classe di patogeni, oppure la scelta di un agente antibiotico contro il quale il germe patogeno è resistente. Diventa pertanto chiaro che il maggior fattore di rischio si rivela proprio l’abitudine a prescrivere gli stessi antibiotici per ogni patologia infettiva, e anche più volte nello stesso paziente. Qualcuno, in maniera forse un pò forte, parla specificatamente di una forma di pigrizia che porta alla reiterazione della prescrizione, considerata efficace e sicura, a prescindere. Questo avviene, in particolar modo, con il ricorso ad antibiotici a largo spettro il cui abuso – oggi si sa –  è direttamente associato al rapido sviluppo di resistenze. Nell’ambito della dermatologia pediatrica il caso più eclatante è il ricorso alla gentamicina, un antibiotico amminoglicosidico, ad ampio spettro, prodotto da Micromonospora purpurea, attivo contro batteri Gram positivi e Gram negativi. In Italia viene venduto da diverse società in crema per applicazione topica ed è, da diversi decenni, fra le formulazioni farmaceutiche più consigliate dai medici di base, e spesso acquistate direttamente in farmacia dalle famiglie dei pazienti. La gentamicina si usa in maniera quasi incontrollata ogni qualvolta di manifesta una infiammazione cutanea, una impetigine, una follicolite, o anche come protezione in caso di una lesione a rischio d’infezione. Pochi, però, sembrano ricordare che molti batteri anaerobi sono diventati resistenti proprio alla gentamicina: in primo luogo gli Streptococchi e gli Enterococchi. I batteri instaurano resistenza verso questo antibiotico tramite tre meccanismi: il primo determina l’inattivazione enzimatica dell’amminoglicoside e la resistenza si sviluppa attraverso la trasmissione di plasmidi mediante una coniugazione batterica. Più in particolare, i plasmidi controllano la produzione di enzimi localizzati sulla membrana batterica, lì dove si crea il legame per il trasporto attivo dell’antibiotico, e questi enzimi sono in grado di acetilare i gruppi amminici oppure fosforilare o adenilare i gruppi idrossilici, provocando l’inattivazione della gentamicina. Un secondo meccanismo alla base della resistenza è la selezione di batteri mutanti in cui è diminuita la permeabilità della membrana cellulare batterica, mentre un terzo meccanismo prevede una resistenza dovuta ad alterazioni delle proteine ribosomiali bersaglio. Oggi si sa che sono resistenti alla gentamicina anche ceppi di Pneumococchi, Rickettsiae, micobatteri, funghi, lieviti, virus, ceppi di Pseudomonas aeruginosa, Klebsiella, Serratia e Proteus. Epidemie di infezioni antibiotico-resistenti sono state causate dall’uso indiscriminato di gentamicina topica, portando alla sua esclusione da molte farmacie ospedaliere (Koning S, van der Sande R, Verhagen AP, van Suijlekom-Smit LW, Morris AD, Butler CC, Berger M, van der Wouden JC. Interventions for impetigo. Cochrane Database Syst Rev 2012;18:CD003261.) La resistenza si manifesta in forma crociata con altri antibiotici quali la neomicina, la kanamicina e la tobramicina. Questo articolo vuole portare all’attenzione dei lettori che un ricorso indiscriminato in dermatologia pediatrica di antibiotici può essere dannoso, e che esistono diverse strategie destinate a ottimizzarne l’uso, riducendo il rischio dell’insorgenza di resistenze anche in ambito ambulatoriale. La prima si fonda sulla riduzione dell’uso degli antibiotici, a partire dalla apparentemente banale igiene delle mani e delle ferite, alla modalità e frequenza nel cambio delle medicazioni. Un aiuto alla decisione sugli antibiotici da prescrivere e sulle dosi da suggerire può venire da una corretta anamnesi dei pazienti, specie se allergici, o dalla storia di  effetti secondari indotti. Lo stesso dicasi per i farmacisti che spesso consegnano gli antibiotici topici sulla base di prescrizioni avvenute nel passato. In generale, però, è molto difficile riconoscere le sovrainfezioni cutanee da parte di germi patogeni resistenti, che richiederebbe un’ulteriore specificità della diagnosi, che nel caso di lesioni che vengano considerate semplici e non degne di adeguata preoccupazione, viene a essere trascurata. Altra strategie considerate fondamentale per aumentare l’efficacia del trattamento e ridurre le resistenze consistono nel cambiamento programmato e nella rotazione del regime antibiotico. La rotazione è stata concepita per tentare di controllare il ciclo dello sviluppo delle resistenze e si basa sull’utilizzo controllato di un antibiotico o di un numero limitato di essi che vengono sostituiti secondo un proprio programma prestabilito, in modo da ridurre la pressione selettiva e evitare quindi lo sviluppo di resistenze batteriche. Gli antibiotici prescritti per un certo periodo per il trattamento di alcune affezioni cutanee, dovrebbero quindi venire riutilizzati solo dopo alcuni mesi di astinenza e in tal modo si preserva l’efficacia degli antibiotici. Anche la combinazione di antibiotici, spesso presentata come un metodo che permette di ridurre lo sviluppo di resistenze batteriche non devono includere solo molecole della stessa classe, e che quindi potrebbero prevedere gli stessi meccanismi di resistenza. In uno studio pubblicato nel 1999, Gerding e coll. hanno valutato l’emergenza di resistenze alla gentamicina che ha comportato una limitazione progressiva dell’impiego di questo antibiotico. Grazie all’alternanza di più antibiotici gli autori hanno potuto dimostrare una riduzione significativa della resistenza alla gentamicina mentre veniva usato un altro antibiotico, ma un rapido ritorno ai livelli precedenti non appena la gentamicina veniva reintrodotta in maniera massiccia. Questa esperienza prova che la strategia di rotazione può dimostrarsi efficace per prevenire e limitare lo sviluppo delle resistenze anche se il suo impatto a lungo termine nella lotta contro le resistenze non è ancora chiaro. Ma come identificare quei bambini  a rischio di essere portatori o infettati da germi resistenti? I fattori di rischio da considerare sono: il precedente e ripetuto ricorso a trattamenti con formulazioni antibiotiche iniziali a largo spettro; eventuali ricoveri ospedalieri; una esperienza di applicazione di materiale medico invasivo, tipo sonde urinarie; ritardo nella guarigione delle lesioni cutanee che appaiono sovrainfettate nonostante le cure topiche. Nell’eventualità di un forte sospetto si può richiedere l’esame microbiologico che permette il trattamento più adatto non appena l’agente responsabile dell’infezione è stato identificato e documentato. È chiaro che in questo si è in grado  di ridurre in modo significativo l’uso di antibiotici e di utilizzare quelli più efficaci, anche con una significativa riduzione delle spese farmaceutiche.