Le proteine alimentari
della dott.ssa Gabriella La Rovere
Fuori dallo schema della santità e del peccato, per un consapevole rapporto con il cibo bisogna conoscere cosa mangiamo.
Molte persone, nei riguardi del cibo, sembrano rivivere il dramma del Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Nei giorni buoni, quando è Jekill a dominare, mangiano frutta fresca, verdura e pochi grassi, e si sentono salutiste e virtuose. Il giorno dopo, tuttavia, senza un vero motivo di crisi, le tentazioni di Mr. Hyde, sembrano fare breccia fin dalla colazione, e durante la giornata prevalgono comportamenti alimentari disordinati e scorretti, che mettono a rischio, oltre che la bilancia, anche il loro benessere. Gli psicologi esperti in disturbi dell’alimentazione, ritengono che questa alternanza di comportamenti è frutto soprattutto della pressione culturale che spesso si viene a determinare a seguito della netta divisione fra cibi salutari e alimenti a rischio, fra la santità delle diete corrette e il peccato insito nel mangiare senza regole. I media, infatti, nell’insistere sulla necessità di aderire a diete equilibrate creano, all’opposto, la categoria dei trasgressori, di coloro i quali non si preoccupano più di tanto nè della propria forma fisica, nè dei trigliceridi e del colesterolo che circola nel loro sangue. Come si esce da questo equivoco? Conoscendo di più il cibo che si mangia, la sua composizione, valore calorico e potenzialità. Può sembrare ovvio ma, fra negarsi qualcosa che si ama (e poi inevitabilmente, spesso con senso di colpa, graffignarne un po’ dal frigorifero) e scegliere di mangiare cibi nutrienti concedendosi, coscientemente, un occasionale peccatuccio, la differenza è molto profonda e porta a considerare il cibo non come un nemico ma come un alleato. In questo modo, nessun cibo è realmente vietato, ma può sempre rientrare in un mix che oltre ad assicurare le energie necessarie, può essere piacevole e utile a correggere eventuali carenze.
Per aiutare un paziente a stabilire una positiva relazione con il cibo, quindi, il primo passo è insegnargli a conoscere le diverse componenti degli alimenti. Per esempio, molte donne, e non solo le vegetariane, rinunciano a cibi ricchi di proteine, che poco conoscono, senza ben sapere a cosa vanno incontro. Queste molecole furono identificate per la prima volta nel 1830 dal chimico olandese Gerardes Johannes Mulder che le aveva trovate nell’albume d’uovo, nella seta, nel sangue e nella gelatina, dando loro il nome di proteine. A tal proposito scriveva ”si tratta senza dubbio del componente più importante della materia vivente, senza il quale la vita non sarebbe possibilè’. Che le proteine siano importanti e indispensabili alla formazione dei tessuti è oggi fuori di ogni dubbio. I ricordi di biochimica ci dicono che queste molecole derivano dalla combinazione di 20 aminoacidi, che si parla di oligopeptidi quando sono formati da meno di 20 aminoacidi, di peptidi quando il numero è compreso tra 20 e 50, e di proteine quando sono più di 50. Le proteine possono essere ulteriormente classificate in base alla forma (fibrose e globulari), alla composizione chimica (semplici e complesse), alla funzione (strutturali e quelle dotate di una particolare attività biologica).
Recenti studi sulla composizione corporea hanno stabilito che esse rappresentano il 15% in peso della massa dell’intero organismo. Si calcola che il fabbisogno quotidiano si aggiri su 0.8-1 gr/kg peso corporeo. Gli alimenti che contengono proteine possono essere di origine animale e vegetale. Dal punto di vista nutrizionale le proteine di origine animale sono più complete rispetto a quelle di origine vegetale, in quanto posseggono tutti gli aminoacidi essenziali. Le proteine assunte con la dieta vengono degradate in piccoli peptidi e aminoacidi singoli a opera di peptidasi specifiche.
Successivamente gli aminoacidi vengono assorbiti e immessi nel circolo sanguigno. Il paziente deve sapere che il valore biologico delle proteine è uno dei parametri più utili per valutarne la qualità nutrizionale. Questo è dato dal rapporto tra l’azoto introdotto con l’alimentazione e quello assorbito. La proteina con il più alto valore biologico è l’uovo. Anche la cute è molto ricca di proteine: collagene, fibronectina, elastina e la parte proteica dei proteoglicani ne sono componenti fondamentali. Un’alimentazione inadeguata e carente di proteine può avere ripercussioni sull’invecchiamento della pelle, su precoci perdite di tono tessutale o sull’insorgenza di ulcere. Una carenza proteica, infatti, si associa spesso ad un rallentamento dei processi di cicatrizzazione tipici dei malati anziani allettati. Ricerche cliniche dimostrano anche che, la supplementazione proteica, se non proprio una dieta iperproteica di breve durata, può rappresenta un valido alleato in ogni intervento medico-estetico di ringiovanimento cutaneo. Infatti la corretta introduzione di proteine ad elevato valore biologico contribuisce a mantenere integra la struttura connettiva della cute, delle unghie e dei vasi sanguigni, garantendone l’integrità e il corretto afflusso di ossigeno e di nutrienti.