Tipi di ostriche

L’ostrica è nota sin dall’antichità sia per il gusto che per la capacità di produrre perle. Entrambe oggetto di mito nel passato, oggi sono simbolo della società dei consumi.
di Marisa Paolucci

L’ ostrica è apparsa sul nostro pianeta circa cento milioni di anni fa, e un raro e prezioso esemplare è stato rinvenuto con una perla di ben 10 milioni di anni. I greci le apprezzavano molto e l’entità del consumo è indicata dal fatto che usavano i suoi gusci nelle votazioni pubbliche. I Romani concepirono il primo sistema per allevarle. Questo gustoso mollusco vive in una conchiglia a valve asimmetriche e rugose dal diametro di dimensioni variabili fino a 20 cm. L’ostrica produce un’enorme quantità di uova che restano nella conchiglia fino ad uno stadio di larva, successivamente le larve vengono espulse ed iniziano un periodo di vita libera: fornite di una sottile conchiglia iniziano a nuotare alla ricerca di un corpo sommerso sul quale fissarsi. Mentre il mollusco cresce, cresce anche la sua conchiglia tramite la deposizione di cristalli di carbonato di calcio al di sopra di una struttura di proteine chiamata conchiolina. Si crea così il guscio duro atto a proteggere le parti molli dell’organismo. Il tessuto che secerne queste sostanze è un tessuto fogliato e soffice, detto mantello che è situato tra la conchiglia e gli organi più interni. Esse vivono per lo più a banchi saldamente ancorati ai fondali rocciosi a profondità variabile a seconda della specie e molte ostriche presentano, sulle loro valve dei caratteristici anelli di crescita che somigliano a quelli che si possono vedere quando si taglia un tronco. Nel Mediterraneo e nell’Adriatico settentrionale vive l’ostrica comune (ostra edulis ) che viene allevata per la sua gustosità. Nelle acque del Pacifico invece si trova l’ostrica perlifera (pinctada margaritifera), conosciuta fin dall’antichità per la produzione di perle. La seduzione delle perle ha alimentato nell’antichità le più favolose leggende. Nell’età classica greca e romana a partire da Omero, le perle erano considerate fenomeni di condensazione d’ ispirazione divina: “lacrime delle Najadi” solidificate, o rugiada sfiorata dal tocco di Venere. I seguaci di Aristotele facevano riferimento ai fulmini che colpiscono le acque nelle notti tempestose. Nel Medioevo queste superstizioni resistono, ma la scoperta dell’America, come nuova fonte di perle, le rende meno rare e permette di eliminare gran parte delle teorie più incredibili.

Sebbene le perle siano molto stimate dall’uomo, esse cominciano la loro vita come una fastidiosa sofferenza per le creature che le costituiscono. Se un corpo estraneo, come un piccolo frammento di roccia o un uovo di parassita, si insinua tra il mantello del mollusco e la conchiglia dell’animale, verrà ricoperto con gli stessi strati di materiale del guscio, venendosi così a formare una perla. Nel caso di una conchiglia di ostrica perlifera, che ha la superficie interna iridescente, le perle che si formano sono belle e lucenti come l’interno della conchiglia. Nonostante sia riconosciuto ai Giapponesi il merito del perfezionamento del processo di coltivazione delle perle, si sa che i Cinesi già dal XI secolo avevano scoperto tale tecnica. Essi misero piccole figurine di argilla, raffiguranti il Buddha, all’interno di una conchiglia di acqua dolce, lasciandole così per circa un anno, quando le conchiglie vennero aperte rivelarono delle figurine perfettamente ricoperte di madreperla,che venivano vendute come amuleti in gioielleria. Le perle formatesi naturalmente sono molto rare, così la più che millenaria attività di pesca tradizionale delle perle, è stata trasformata dal progresso tecnologico in un allevamento industriale. Le fanciulle del mare, le “ama ” giapponesi, non fanno più le pescatrici di perle ma le balie alle ostriche di coltura.

Ormai in estinzione la figura del tuffatore che si immergeva dall’alba al tramonto in apnea, riportando ogni volta in superficie una cinquantina di ostriche. La ricerca casuale delle ostriche che possano contenere delle perle è decisamente improduttiva, dato che su un migliaio di conchiglie, solo una può contenere una bella perla. Cosi’ dall’inizio di questo secolo le perle sono quasi esclusivamente coltivate, il che le ha rese più accessibili per il minor costo. Inserendo un nucleo artificiale in un’ostrica vivente, ci si garantisce virtualmente la presenza di una buona perla coltivata di discrete dimensioni, dopo un periodo di tempo che può variare dai 3 ai 5 anni. L’industria delle perle è ora di dimensioni tali da produrre ogni anno circa 500 milioni di perle. Ne esistono di ogni forma e dimensione; la più grande del mondo ha un diametro di 41 mm. La forma è molto variabile: a goccia o del tutto irregolari o perfettamente sferiche (le più rinomate). si trovano perle blu, nere ed anche gialle, decisamente più rare di quelle bianche e quindi più preziose. Il colore dipende dalla natura della conchiglia nella quale la perla si è formata e dai pigmenti secreti nella madreperla. La coltivazione della perla si è estesa dal Giappone alle coste della Tailandia, Filippine, Borneo settentrionale, e soprattutto l’isola di Thursday (Australia settentrionale) dove si allevano le “pteria penguin “, rivelatesi meno pure ma più voluminose.

In Europa l’interesse per le ostriche è invece finalizzato al loro uso alimentare. In Francia, Inghilterra e Olanda le ostriche erano pescate da enormi banchi naturali che però cominciarono a dar segni di esaurimento e i Francesi, i maggiori consumatori di ostriche, dovettero correre ai ripari imparando a loro volta le tecniche di coltivazione. Non è un caso che gli standard dei tipi commerciali di ostrica siano stati da loro stabiliti e accettati anche negli altri paesi. Gastronomicamente parlando le ostriche più pregiate sono quelle tonde, in particolare il tipo detto belon che può arrivare anche a 15 cm di diametro, ma i cui esemplari normali stanno tra i 7 e i 10 cm. Le ostriche che più comunemente si trovano nei ristoranti italiani sono quelle allungate del tipo portoghese o giapponese; le prime sono più pregiate. La differenza tra ostriche tonde e allungate, a parte la forma, sta nell’aroma più morbido delle prime, salmastro ma armonico in quelle allungate. L’ostrica si mangia normalmente cruda. Al momento dell’apertura della conchiglia deve essere viva, cioè reagire quando la si tocca. Sia che la si consumi cruda, sia che la si cuocia, l’ostrica è molto digeribile, e la porzione normale quando la si serve come antipasto è di 6 a testa anche se si dice che Balzac riuscisse a consumare oltre 40 in apertura di pranzo. Il modo migliore di preparare le ostriche è di aprirle con un coltello apposito, corto spesso e munito di un guardamano, al momento di mangiarle: il coltello va inserito nella cerniera delle valve e si può proteggere la mano che regge l’ostrica con un asciugamano ripiegato o con un apposito guanto.

Eliminata la valva superiore si mettono le ostriche su un letto di ghiaccio tritato in un piatto di servizio largo e fondo. Ogni ospite deve avere una forchettina piatta con un lato tagliente, per raccogliere l’ostrica nel guscio e portarla alla bocca. In altri piatti si mettono quarti di limone pane bianco o integrale a fette, riccioli di burro: la fetta di pane imburrata è l’accompagnamento ideale, insieme allo champagne. A tavola deve esserci il macinapepe, mentre altri condimenti come il Ketchup, che pure si usa servire insieme alle ostriche, specialmente negli Stati Uniti, sono decisamente sconsigliabili perché coprenti il gusto naturale. Dato il suo pregio gastronomico come mollusco da consumarsi vivo non c’è da meravigliarsi che le ricette di ostriche cotte siano tutto sommato così rare, ma nei diversi paesi è possibile trovarle cucinate al gratin al forno o fritte.
Oltre ad essere di gusto stuzzicante l’ostrica è un’importante fonte di zinco, sostanziale per il funzionamento del nostro sistema immunitario, ma anche di ferro e calcio. Contiene inoltre una buona quantità di acidi grassi polinsaturi. Tradizionalmente le ostriche vengono considerate un alimento afrodisiaco, ma ricerche scientifiche condotte negli anni passati hanno mostrato dati discordanti che non ne hanno sempre confermato l’efficacia. Molti integratori nutrizionali americani affermano di contenere puro calcio proveniente dai gusci delle ostriche, ma il consiglio è quello di evitare il rischio di una contaminazione da piombo. La perla, da sempre simbolo di bellezza e purezza, ridotta a polvere viene inclusa, specialmente in oriente, nella formulazione di diversi prodotti cosmetici estremamente costosi .