Proprietà e benefici del Mangostano
Esplorando le culture e le tradizioni gastronomiche di altri Paesi, ci si imbatte in piante e frutti a noi sconosciuti ma usati da secoli nella cura e nella prevenzione.
di Irina Letti
Una ricerca condotta appena trent’anni fa affermava che, all’epoca, oltre il 70% della popolazione del nostro pianeta non era mai andato più lontano di cinquanta chilometri dal proprio luogo di nascita. Una distanza per noi così minima e che siamo abituati a coprire in meno di un’ora. Nessuno sa, alla luce dei tanti cambiamenti e delle innovazioni tecnologiche avvenute negli ultimi decenni nel campo dei trasporti, di quanto sia calata la percentuale di chi vive tutta la propria vita nel ristretto spazio del proprio villaggio e del proprio territorio, senza mai chiedersi cosa ci sia al di là delle montagne o del braccio di mare che circonda la propria isola. Ciò che è certo è che nei paesi occidentali, quelli considerati più ricchi, il viaggio, per lavoro o meglio ancora per vacanza, è diventato un’abitudine comune, molto diffusa fra tutte le classi sociali e di età.
Il viaggiare, l’esplorare altri Paesi e culture fa ormai parte della nostra mentalità e ciò porta sempre più persone ad abbandonare, anche se solo per pochi giorni, le proprie tradizioni e usanze, specie alimentari, affrontando piatti e gusti nuovi che non rientrano nelle nostre consuetudini. Riguardo a ciò, è possibile distinguere almeno tre tipologie di viaggiatori: quelli chiusi a ogni nuova esperienza gastronomica e che vanno, ovunque e sempre, alla ricerca di un piatto di spaghetti in ogni parte del mondo si trovino (per poi restarne profondamente delusi), i timidi assaggiatori, che si sforzano di provare le novità ma tendenzialmente hanno in sè una grande diffidenza, e per finire, gli entusiasti, ovvero quelli che una volta tornati a casa continueranno a parlare della cucina locale come di una esperienza straordinaria e che, ove siano presenti, diventeranno assidui frequentatori dei ristoranti etnici della propria città. Sono quest’ultimi quelli a cui si rivolge principalmente questo articolo che parla di un frutto esotico, il Mangostano, di cui la ricerca scientifica ha messo in mostra elevate proprietà antiossidanti che confermerebbero il tradizionale uso che ne fanno, anche a fini medicali, diversi popoli asiatici. Ai quali non era certamente nota la capacità dell’organismo umano di produrre antiossidanti endogeni, come il Coenzima Q-10 o l’acido lipoico, ma neanche conoscevano l’esistenza di antiossidanti esogeni come le Vit. C ed E, le Procianidine, i Polifenoli o Catechine, i Polisaccaridi, che essendo importanti per l’uomo, devono necessariamente essere somministrati con la dieta.
Ciò nonostante, fin dall’antichità essi consideravano il Mangostano (Garcinia mangostana in gergo fitoterapico) come un frutto che rispondeva alle esigenze fisiologiche degli individui particolarmente esposti a fatiche e malattie, situazioni che oggi sappiamo essere legate ai già menzionati stress ossidativi che contraddistinguono la quotidianità nella società moderna. Gli studi più recenti hanno infatti chiarito che la potente attività antiossidante (oltre che antinfiammatoria) del Mangostano è legata alla sua stessa composizione. In particolare nel pericarpo sono stati identificati e isolati composti appartenenti per la maggior parte alla famiglia degli Xantoni, ma anche Catechine e i Polifenoli, Potassio, Calcio, Fosforo, Ferro, Vitamine B1, B2, B6, e C. Per comprendere al meglio le proprietà del Mangostano è necessario fare, in via preliminare, una breve analisi sulla natura dei suoi Xantoni, assimilabili in prima istanza alla famiglia dei polifenoli, derivati dal Benzo-Y- pirone, il quale possiede molteplici proprietà farmacologiche tra le quali quella antiossidante è sicuramente la più interessante insieme a quella antinfiammatoria. Gli Xantoni sembrano essere gli antiossidanti con più elevato punteggio ORAC fino a ora conosciuti (ORAC: Oxigen Radical Adsorbance Capacity). Il succo del frutto intero e il relativo estratto secco (Garcinia Mangostana) possiede una attività ORAC di 24.000 punti, nettamente superiore quella di riconosciuti antiossidanti come il Melograno (944 punti), gli Spinaci (360), la Vitamina E (700), il Noni (1506). Forse alle popolazioni che ancora vivono nelle campagne delle regioni asiatiche poco interessa che i dati epidemiologici e gli studi in vitro suggeriscano che alimenti contenenti fitocomplessi con elevate attività antiossidante hanno grande effetto protettivo nei confronti dei fattori di rischio delle più diffuse malattie cardiovascolari, loro mangiano questo frutto per tradizione e perché, semplicemente, sanno che fa bene alla salute. Sicuramente non conoscono che in uno studio effettuato in vivo l’estratto secco ottenuto dal pericarpo del Mangostano ha evidenziato altresì buone proprietà antinfiammatorie, ma per loro è quasi la normalità far mangiare la sua polpa a chi ha bisogno di energia, a chi è malato o è in fase di convalescenza, ma anche a chi vuole mantenersi forte e giovanile.
Questione di punti di vista, si potrebbe dire, da una parte una cultura della prevenzione che si fonda sulla tradizione e sulla esperienza, dall’altra un approccio terapeutico che ha bisogno di certezze e conferme scientifiche. In attesa di conferme che verranno dalle ricerche che si stanno svolgendo in tanti campi: dalla prevenzione dell’arteriosclerosi, dell’ipertenzione e del diabete, alla riduzione dei valori del colesterolo e dei trigliceridi, al rallentamento delle patologie neurodegenerative, bisogna accontentarsi di sapere che il mangostano è usato tradizionalmente per combattere la diarrea e il reflusso gastroesofageo perché riduce la produzione degli acidi gastrici, ma anche localmente contro eczemi e altre dermatiti. Quindi, per una volta, anche i più scettici, i meno curiosi, se vi troverete a viaggiare in oriente non rifiutate di assaggiare questo frutto bianco, dalla polpa consistente e acidula, perché potreste avvantaggiarvi di tutte le sue virtù.