Eccezionali caratteristiche nutrizionali e resistenza alle malattie hanno riportato alla ribalta un’antichissima specie di cereale
di Marisa Paolucci
Il kamut potrebbe essere il più antico alimento utilizzato dall’uomo. Adoperato migliaia di anni fa nella ”mezzaluna fertilè’, l’antica regione fra l’Egitto e la Mesopotamia, in antico egizio, ha il significato di grano, e gli egittologi o ritengono che originariamente il termine stesse a significare ”anima della terra”, forse proprio per i suoi preziosi componenti nutrizionali.Con la scomparsa della cultura egizia anche la coltivazione del grano kamut fu abbandonata, soprattutto a causa della laboriosita’ delle tecniche di coltura. Nei secoli le venne preferita la coltivazione del grano comune, le cui tecniche di selezione genetica conferivano rese sempre più elevate e maggiore resistenza alle malattie delle piante. La dinamica dell’attuale riscoperta del kamut rimane avvolta nel mistero. Si narra che un pilota dell’aviazione americana abbia trovato una manciata di semi, in un sarcofago all’interno di una piramide in Egitto. Erano gli anni ’50 e un collega dell’aviatore decise di spedire i semi al padre agricoltore nel Montana, negli Stati Uniti, per provare a coltivare il grano del faraone. La novita’ del grano egizio cominciò a diffondersi nel Montana, ma bisognera’ aspettare gli anni settanta e i tenaci tentativi dell’ agronomo e agricoltore statunitense Bob Quinn per riscoprire questo antico cereale e riprenderne la coltivazione. Da allora il kamut, per il suo sapore dolce e ricco e la sua eccezionale resistenza alle avversita’ ambientali, ha conquistato il gusto di numerosi consumatori e un posto di tutto rispetto nell’alimentazione contemporanea, specie fra quelle persone che gardano all’agricoltura tradizionale come uno strumento di difesa delle biodiversita’. Il suo patrimonio genetico, rispetto agli altri cereali, non ha mai subito selezioni e alterazioni genetiche per incrementarne la resa, mantenendo così intatte le sue caratteristiche nutritive e il suo gusto antico.
Questo cereale appartiene al genere triticum, come il frumento e il farro, e prende il nome scientifico di triticum polonicum. Ha un basso contenuto di umidita’, peculiarita’ delle graminacee delle terre aride; questa caratteristica infatti protegge la pianta dagli insetti e dal deterioramento naturale. Il chicco di kamut è grande tre volte quello del grano e il suo sapore è pieno e intenso. Rispetto al grano duro classico contiene dal 20 al 40% in più di proteine e presenta percentuali più elevate di aminoacidi, vitamine e minerali. Contiene magnesio, fosforo, calcio, zinco e selenio oltre ad un alta quantità di vitamine A, D, E e K. Il suo valore energetico è legato inoltre a una notevole concentrazione di lipidi che, come è noto, liberano maggiore energia rispetto ai glucidi. Un’altra caratteristica è l’elevata digeribilita’ che lo rende tollerabile anche in casi di ipersensibilità al glutine. Il grano kamut può essere un’ottimo cereale da aggiungere alla varietà della nostra tavola; si può trovare in tutte le forme: farina, cous cous, gallette, fiocchi da usare per la colazione, crema, pane, pasta o in chicchi, e può essere aggiunto nelle insalate fredde o nelle minestre . Per apprezzare al meglio i chicchi, essi devono essere ripetutamente lavati in modo da liberarli dalle impurita’ sino a quando l’acqua apparira’ chiara e trasparente, poi vanno lasciati ammorbidire per un’intera notte. Per prepararli, il giorno successivo, bisognera’ aggiungere un pizzico di sale nell’acqua e portare a ebollizione, lasciandoli cuocere per 60 minuti a fuoco minimo. Scolare, condire a proprio gusto e servire. Alla maniera dei faraoni.