Il grano

Il tegumento che ricopre i grani di frumento contiene fibre, proteine e vitamine. Viene usato in alimenti e cosmetici, ma può dar luogo a intolleranze

di Marisa Paolucci

Il frumento, questo cereale così prezioso, fu scoperto nella notte dei tempi e mai più abbandonato. Ritrovamenti fossili testimoniano come, alcune tribu’ dell’Europa preneolitica, ne conoscevano già la coltivazione. In Palestina sono stati rinvenuti attrezzi agricoli per la mietitura nel periodo tra l’8000 e il 3000 a.C. In Italia testimonianze della coltura dei cereali nel periodo neolitico, sono state trovate attorno alle rive meridionali dei laghi alpini e nella pianura padana. Dalla preistoria dunque, la spiga di grano si è intrecciata con la storia dell’uomo. Sembra che ad iniziare per primi la coltivazione del grano siano stati gli antichi abitanti della Siria e della Palestina, per passare poi in Egitto dove già si coltivava l’orzo. Ben presto fu preferito il grano perché permetteva una migliore panificazione. Lungo il corso del Nilo, in alcune tombe sono stati scoperti affreschi che ritraggono tutte le fasi della lavorazione del grano, dalla semina alla cottura in forno. In una tomba è stata ritrovata una forma di pane a focaccia piatta di circa 3500 anni fa. Sembra siano stati gli egiziani a scoprire che lasciando fermentare l’impasto di farina si sviluppa gas capace di far gonfiare il pane. Il grano fu collegato in molte religioni antiche, ai temi della fertilita’ e della fecondita’ e associato a figure divine: Baal Tars e Attis nelle regioni Mediorientali, Osiride in Egitto, Demetra nell’antica Grecia, Cerere a Roma. Il greco Esiodo (VIII-VII secolo a.C.) indicava la spiga di frumento con il termine bios (vita) e scriveva che la coltivazione della terra a grano è il culto che il contadino deve rendere alle potenze divine. Gli antichi Greci e Romani, non sottovalutarono mai il valore del frumento. Durante il periodo di Roma capitale del mondo, il pane è stato l’alimento base della popolazione. Il primo negozio di pane fu aperto a Roma nel 150 a.C. In un primo tempo i forni furono sfruttati dai soli patrizi, poi furono aperti anche quelli pubblici. Dopo la caduta dell’impero romano si torno’ alla fabbricazione casalinga del pane. Con il Rinascimento e il rifiorire delle arti e dei mestieri, riprese valore l’arte dei fornai. Da allora questo alimento semplice e nutriente ha trovato il suo spazio nell’alimentazione di ogni continente. La produzione mondiale di grano è costantemente aumentata negli ultimi decenni, i maggiori produttori sono Cina e Canada, il granaio d’Europa invece è la Francia. Il frumento è il cereale più coltivato e consumato in Italia. Appartiene alla famiglia delle Poacee, e al genere Triticum, che si divide in Triticum durum (grano duro) e triticum vulgaris (grano tenero). Il primo si differenzia per il contenuto lievemente superiore di proteine, ma soprattutto per i prodotti della macinazione. Infatti, il grano duro produce semole dai grani spigolosi e duri a frattura vitrea, adatti per la trasformazione in semola e la produzione di pasta alimentare e anche pane. La produzione è localizzata nel centro-sud in particolare in Puglia e Sicilia proprio per ragioni climatiche: il grano duro, ha bisogno di primavere ed estati calde senza il rischio di gelate tardive che comprometterebbero il raccolto. Il grano tenero invece ha granuli tondeggianti a frattura farinosa per la farina, adatto per le paste all’uovo e il pane. La sua coltivazione è diffusa nel nord in quanto sopporta bene i freddi invernali. Il frumento è ricco di carboidrati (72%), i lipidi sono invece tra l’1 e il 2%, le proteine (tra il 9 e il 18%), soprattutto prolammine, costituenti fondamentali del glutine elemento che conferisce all’impasto elasticita’ e coesione, caratteristiche importanti nella produzione di pasta e pane. I sali minerali e le vitamine sono contenuti nella parte esterna del chicco, di conseguenza si trovano solo nei prodotti integrali. Due informazioni finali che collegano il grano alla pelle. In maniera positiva percho’ si usa nella preparazione di maschere e creme, e in termini negativi perché, una dermatite erpetiforme, cronica, pruriginosa e polimorfa, si associa spesso all’intolleranza al glutine tipica del morbo celiaco. La dieta priva di glutine migliora generalmente la prognosi anche nelle forme senza enteropatia clinicamente apprezzabile.