Fave: crude o cotte fresche o secche

Tradizionalmente considerate come cibo dei morti, sono invece ricche di proteine, vitamine, fibre e potassio. E utili nelle discromie cutanee

di Marisa Paolucci

La storia delle fave si intreccia tra riti propiziatori e antichi pregiudizi. Nell’antica Roma, durante le feste dedicate alla dea Flora, protettrice della natura che germoglia, le fave venivano lanciate sulla folla in segno di buon augurio; ma solo per questa occasione, negli altri periodi dell’anno le fave erano considerate impure. Infatti erano anche usate nei riti religiosi come cibo dei defunti e per questa ragione il sacerdote di Giove non poteva toccarle, mentre il Pontefice Massimo non poteva neanche nominarle. Nonostante le superstizioni, a Roma le ricette di Apicio a base di fave erano molto apprezzate. Anche nell’antica Grecia le fave erano tradizionalmente legate ai defunti. Venivano lessate in grande quantità nel periodo di novembre in offerta a Bacco e Mercurio per le anime dei morti. Il legame così radicato nell’antichita’, tra le fave e il mondo dell’aldilà potrebbe essere spiegato dal colore del suo fiore, bianco e maculato di nero; colore molto raro nei vegetali e per sua natura simbolo del mistero. Nelle cerimonie funebri venivano sparse sul feretro e gli schiavi se le buttavano dietro durante il corteo, invocando il padrone scomparso. Lo stesso Pitagora proibì ai suoi discepoli di mangiarne poichè riteneva che contenessero le anime dei defunti. Questa abitudine di consumare le fave il giorno dei morti si è conservata fino ai giorni nostri; in molte regioni d’Italia piatti e dolci rituali per devozione si consumano proprio nel mese di novembre. La coltivazione delle fave è tipica delle regioni del centro e del sud: l’inizio della bella stagione si preannuncia sempre con un pic-nic con fave e pecorino. Le fave appartengono alla famiglia delle leguminose, ne esistono numerose varietà; la più nota è la vicia faba maior, una pianta da orto annuale con baccelli grossi e lunghi e con semi grandi e appiattiti. Ricche di proteine, fibre, vitamine (A, B, C, K, E, PP) e sali minerali importanti per la loro azione di drenaggio dell’apparato urinario, le fave sono indicate nell’alimentazione dei soggetti con infezioni all’apparato urinario, nelle calcolosi renali e nelle disurie, proprio per la grande quantità di potassio che contengono il quale riesce ad alcalinizzare l’organismo. Altrettanto utili in caso di stitichezza per la buona percentuale di fibre. Se consumate fresche apportano una buona quantità di zolfo, magnesio, zinco, rame e sono un ottimo energizzante in caso di affaticamento fisico e mentale. Tra i legumi risultano essere le meno caloriche, alla condizione pero’ che siano consumate fresche, quando il loro apporto calorico, per 100 grammi, è di 37 calorie. Per la stessa quantità di fave secche, infatti, l’apporto calorico sale pericolosamente a 342 calorie!
Quando si acquistano bisogna accertarsi che il baccello sia turgido di colore brillante e senza macchie e screpolature. Possono essere consumate crude o cotte, si possono essiccare o congelare. Prima di metterle nel freezer pero’ conviene sbollentarle per tre minuti circa e lasciarle raffreddare. Anche la cosmesi naturale delle nostre nonne attinge piccoli segreti da questo legume. Mischiando la farina di fave con il latte tiepido si ottiene una morbida crema che, spalmata sul viso, elimina le antiestetiche macchie che si formano dopo l’esposizione al sole. E la lanuggine che riveste la parte interna del baccello delle fave verdi sfregata sul viso ne ravviva il colorito.