Il caffè fa male?
Non è vero che il caffè faccia male. Se preso nella giusta quantità non accelera le pulsazioni e non aumenta il colesterolo. Ma soprattutto non causa il tumore. Anzi, questa bevanda importata dal mondo arabo tonifica il cuore e funziona contro gli attacchi d’asma. E poi aguzza l’ingegno.
Pare che Voltaire bevesse cinquanta tazzine al giorno di caffè. Nel caso questa leggenda fosse vera, sicuramente il povero Voltaire avrebbe sofferto di terribili malanni: pulsazioni molto alte, aritmie di ogni tipo, digestione difficile con il rischio di sfociare in una vera e propria ulcera, e poi colesterolo alle stelle e, probabilmente, almeno gli ultimi anni della sua vita sarebbero stati funestati da un brutto cancro. Certo, Voltaire avrebbe avuto anche un’invidiabile capacità di concentrazione (è noto a tutti che la caffeina aguzza l’ingegno), ma per il resto il quadro della sua salute sarebbe stato decisamente disastroso. E come lui, almeno da seicento anni a questa parte, ovvero da quando fu inventata la torrefazione del caffè e questa bevanda ha conquistato il mondo, se la dovrebbero passare male tanti altri. Che dire, ad esempio, di quei milioni e milioni di americani che dalla fine del Settecento in poi hanno eletto il caffè loro bevanda preferita? Malatissimi anche loro? E come la mettiamo con tutti i caffeinomani sparsi per il mondo? Insomma, c’è qualcosa che non va. Per tanti anni il caffè è stato accusato di causare i peggiori guai per la salute: tumore alla vescica ed al pancreas, fattore di aumento del colesterolo e quindi causa d’infarto. Tutto falso. Studi recenti hanno sfatato gran parte della cattiva fama che a lungo ha circondato il caffè, arrivando a stabilire anzi che questa pianta, arrivata tra i musulmani attraverso le invasioni etiopiche e poi via via diffusasi in tutto il mondo (prima in Yemen poi nell’isola di Ceylon e da ultimo in Europa alla fine del XVI secolo) vanta insospettate qualità.
Vediamo i luoghi comuni più diffusi: il caffè aumenta pericolosamente le pulsazioni. Bene, una ricerca eseguita dall’Università dell’Oregon di Portland su ventidue soggetti ha stabilito che la caffeina non provoca danni nemmeno nei pazienti affetti da aritmie cardiache: i livelli di catecolamine e di potassio sono rimasti inalterati e il numero delle extrasistole registrato non è aumentato.
Come mai il caffè non faccia male, lo si comprende facilmente se si osserva come questa bevanda viaggia nel nostro corpo. La caffeina, contenuta in abbondanza oltre che nel caffè anche nel tè, nella cola e nel guaranà, è di facile assorbimento, si distribuisce velocemente in tutti i tessuti (compreso il sistema nervoso centrale), è trasformata per il 99 per cento nel sistema epatico ed è metabolizzata mediamente in tre-quattro ore. Il discorso cambia se si fuma e si beve. E proprio l’unione con alcol e tabacco è vista dagli esperti come una delle cause dei disturbi ingiustamente attribuiti alla nota bevanda amarognola. C’è il sospetto, infatti, che l’interazione con la nicotina possa costituire un motivo di rischio per l’infarto miocardico. Difficile arrivare a una conclusione definitiva: è quasi impossibile infatti disporre di un campione di caffeinomani “puro”: persone che bevono caffè senza fumare e bere alcolici.Ma andiamo avanti a sfatare i falsi miti. In quantità moderata (circa due-tre tazzine al giorno) la caffeina funziona da buon stimolante e da tonico del cuore, addirittura in alcune malattie cardiache la sua azione eccitante sul centro vasomotore provoca una migliore regolazione del sistema vasale. Dosi appena più elevate, poi, provocano un aumento della frequenza del polso: le coronarie si dilatano, tutto a vantaggio del miocardio che risulta meglio nutrito. E da ciò si conclude che la correlazione tra infarto del miocardio e caffeina va rivista.
E veniamo agli effetti positivi. E’ confermata l’idea che il caffè aiuta la concentrazione. Anzi, sveglia il cervello e, secondo alcuni bacchettoni del Seicento, anche la libido. Non a caso i teologi islamici inflissero a caffè, oppio, vino e tabacco la condanna definitiva di essere “i quattro ministri del demonio” ed alla fine del XVI secolo il caffè fu bandito dall’Islam, mentre continuo’ ad essere visto con sospetto anche in Europa. La ragione di questa fama demoniaca è semplice. La caffeina è un’antagonista dei recettori dell’adenosina: il pensiero è più rapido, le associazioni delle idee migliorano e anche i sensi sono più allertati. Insomma, il lavoro intellettuale va bene e si è più resistenti al sonno ed alla fatica fisica. In più, la caffeina non dà dipendenza ma, come ogni sostanza eccitante, può dare una dipendenza psichica. E proprio perché il “caffè sveglia”, in Francia e in Russia la caffeina è utilizzata in via sperimentale nel trattamento delle depressioni e in alcune patologie legate all’età avanzata.
Ma la caffeina fa bene anche contro gli attacchi d’asma: il centro respiratorio si eccita, il metabolismo gassoso aumenta e i muscoli bronchiali si rilassano. Infine, una ricerca condotta nel reparto di ostetricia e ginecologia dell’Università di Harvard, su un campione di 12.400 donne incinte, ha concluso che non vi è nessuna correlazione tra consumo di caffè e riduzione del peso neonatale, nascita prematura e malformazioni genetiche (come invece aveva segnalato la Food and Drug Administration nel 1980).
Ma a proposito di falsi miti vediamone uno, particolarmente radicato: il caffè a fine pasto, aiuta o no la digestione? Non sempre. Anzi, in alcuni soggetti la tazzina di caffè può causare una maggiore secrezione gastrica, senza pero’ provocare l’ulcera peptica. Attenzione pero’: se si beve un caffè prima di assumere alcolici, si hanno effetti positivi. I muscoli dello stomaco si rilassano, il passaggio dell’alcol nell’intestino tenue si rallenta e il livello alcolico nel sangue si riduce.
Ma guai, come al solito, ad abusarne prima o dopo un qualsivoglia bicchiere di vino. Se si superano sei tazzine di caffè al giorno, si è sulla buona strada per la dipendenza fisica caratterizzata da sindrome di astinenza: ci si sente spossati, sempre insonnoliti, perennemente fiacchi e irritabili, ansiosi e, crudeltà del destino, del tutto deconcentrati.