della dott.ssa Sabrina Guzzoletti
Secondo alcuni studiosi la storia dell’alimentazione umana coincide con quella dello sviluppo dei gruppi sanguigni e oggi si può scegliere la propria emodieta
E fu la luce», narra la Bibbia. E comparve l’Uomo, e con lui tutti i suoi discendenti, accomunati fino a 300.000 mila anni fa da un unico gruppo sanguigno, lo 0. Eravamo tutti cacciatori e le proteine costituivano l’unico alimento presente nella nostra dieta, insieme a erbe e frutta selvatica. Il sistema immunitario era forte e reattivo. L’uomo poi scopre che vivere assieme, in gruppi socialmente organizzati, ha i suoi aspetti positivi per la conservazione della razza e per la protezione dei nuclei familiari. Da nomade diventa stanziale e inizia a coltivare la terra, addomestica gli animali e diventa agricoltore. Nasce il gruppo A. L’alimentazione è basata prevalentemente su cereali e il sistema immunitario si potenzia. Il gruppo B si manifesta come conseguenza di massicce migrazioni dalle zone più calde e torride del nostro pianeta verso aree con clima freddo, le montagne dell’Himalaya, Pakistan e India. Queste popolazioni diventano nomadi, sono dedite alla pastorizia e la loro alimentazione si basa su ovini e prodotti del latte. È un gruppo sanguigno piuttosto raro nell’occidente europeo. L’ultimo, in ordine di comparsa, è il gruppo misto AB, definito dal naturopata Peter D’Adamo, “l’enigma”, può ricevere da tutti, ma donare solo a se stesso ed è più resistente e forte degli altri gruppi, perché eredita ambedue gli antigeni. Tra tutti è quello che richiede una maggiore moderazione nel consumo degli alimenti in quanto possiede gli antigeni di ambedue i gruppi A e B. In base a questa suddivisione molti sono stati gli studiosi che hanno approfondito l’eventuale correlazione tra alimenti e gruppi sanguigni e su questo hanno creato tabelle alimentari dove si sconsigliano alcuni cibi, che risultano dunque poco adatti al nostro sangue, tanto che causerebbero reazioni «chimiche» che ne renderebbero faticosa l’assimilazione, se non addirittura dannosa per la salute. La «simbiosi» tra cibo e sangue si baserebbe sul fatto che il nostro sistema immunitario si ricorda ancora da dove discendiamo (pastori, agricoltori, cacciatori, nomadi), conservando così una predilezione per gli alimenti consumati dai nostri antenati. Entrano in scena le lectine, proteine presenti negli alimenti ma anche sulla mucosa del nostro apparato digerente e nel dotto epatico e che sono caratterizzate da una composizione diversa, a seconda del gruppo sanguigno di appartenenza. Quelle che ingeriamo e che troviamo negli alimenti, ma che non sono compatibili con il nostro sangue, vanno a depositarsi nei nostri organi (reni, fegato, sistema nervoso, ecc.) cominciando a richiamare globuli rossi (agglutinazione) e mettendo in moto meccanismi di difesa da parte del nostro sistema immunitario, che cerca di eliminare le sostanze ritenute estranee. Questa teoria fu il risultato dello studio decennale condotto da D’Adamo sulla compatibilità alimentare, da lui chiamata «blood type diet» o emodieta. Lo studiso non si limitò a una ricostruzione antropologica della vita sul pianeta, ma si spinse fino a ricondurre ai gruppi sanguigni un’impronta genetica che caratterizzerebbe la nostra identità, condizionando la reattività e i nostri comportamenti. Nel sangue della popolazione umana sarebbero pertanto inscritte le capacità di adattamento del sistema digerente e di quello immunitario, che hanno reso possibile la vita dei nostri antenati. I gruppi sanguigni furono scoperti nel 1901, il DNA (acido desossiribonucleico) nel 1953 da James Watson e Francis Crick, la mappa completa del patrimonio genetico umano nel 2000. Grandi passi avanti nella medicina, che hanno consentito di capire che ogni essere umano ha un’impronta unica e che ci fanno considerare però che anche ogni generalizzazione è limitata e limitante. Va peraltro detto che poche sono state le conferme in campo medico-scientifico alla teoria di D’Adamo; però è pur vero che un’attenzione alla nostra alimentazione, anche in base alla nostra storia genetica, può sicuramente migliorare la nostra salute, consentendo una migliore assimilazione dei nutrienti, senza mai dimenticare il movimento e lo sport, insostituibili attività per il mantenimento della nostra salute e benessere psicofisico.