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Home dermatologia acne La terapia giusta per l’acne
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La terapia giusta per l’acne

08/04/2012
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    del dott. Giuseppe Alessandrini, dermatologo

    In molti Paesi l’acne è il problema più osservato e più trattato dai dermatologi. Ma anche quello che crea più grattacapi 

    Leggevo di recente sul Journal of American Academy of Dermatology (2007;56:651-63) una nota a proposito della stesura delle linee guida della gestione dell’acne. Un qualificato gruppo di dermatologi si esonerava dalla responsabilita’ di poter far ottenere, grazie alla corretta osservazione delle indicazioni, un risultato sicuro in tutti i casi trattati. Concludeva la nota: l’ultimo giudizio riguardo alla appropriatezza di una specifica terapia deve essere espresso dal medico e dal paziente alla luce di tutte le circostanze individuali presentate. E in questo va ricondotta tutta quella lunga serie di variabili della relazione medico -paziente- malattia. Una valutazione su cui non si può non essere d’accordo in considerazione, anche, dei tempi lunghi di cura, degli inevitabili abbandoni e delle interpretazioni personali della terapia da parte del paziente. Tempi lunghi dettati dalla natura propria dell’acne, ma anche dalla comparsa di resistenza alla cura indicata. In particolare, antibioticoresistenza, visto che la terapia con antibiotici è quella più prescritta e forse la più efficace. Il propionibacterium acnes, responsabile della fase infiammatoria, e la resistenza batteriologica: un problema non solo della nostra nazione ma mondiale. Conseguenza solo delle prescrizioni dei medici? Il Dott. Vincenzo Bettoli riporta in un recente lavoro l’esperienza di 5 anni di osservazione di un elevato numero di casi di acne e segnala la crescente antibiotico-resistenza del P.acnes, (1) nel 72% dei casi verso l’Eritromicina con resistenza crociata verso la Clindamicina, del 30% verso Doxiciclina e dell’ 8-10% verso la Minociclina. La maggior parte dei ceppi di P.acnes resistenti sono del biotipo III e in un altro studio avevano un tasso di resistenza molto elevata: 90% verso Eritromicina e 60% verso le cicline (2). Nell’acne non c’è correlazione tra l’intensita’ delle lesioni infiammatorie e la quantità di P.acnes nel follicolo sebaceo. Conta infatti, con molta probabilita’, più quanto il batterio è attivo nella sua azione proinfiammatoria, esplicata attraverso la liberazione di metalloproteinasi, sostanze Il1 like, lipasi, fattori chemiotattici, super antigeni. Inoltre è noto che il P.acnes aumenta l’espressione dei recettori Toll-like 2 e 4 nei cheratinociti. I recettori Toll-like, propri della immunità nativa, sono attivati da agenti infettivi e inducono una intensa liberazione di citochine e Metalloproteinasi. Come si vede, del P.acnes conosciamo quasi tutto: le basi genetiche su cui poggia la sua resistenza agli antibiotici e il suo genoma, attraverso questa acquisizione la conferma di capacità immunogenetiche da parte del biofilm prodotto nell’acne. (3) Sappiamo che la sua resistenza compare dopo 12- 24 settimane con meccanismo di tipo ribosomiale (Eritromicina RNA 23S, Cicline RNA 16S) e che fattori favorenti la comparsa sono per primi i cicli ripetuti di antibiotici, poi il transfert passivo in una famiglia di soggetti acneici, il transfert passivo da parte di un medico sia esso dermatologo o altro specialista, e per finire una cattiva osservanza delle indicazioni date dallo specialista. (5) La letteratura mondiale c’informa che tutto ciò si ripercuote sulla efficacita’ terapeutica (6-7-8-9) e che la colonizzazione cutanea con Propionibatteri resistenti alle tetracicline è associata a ridotta risposta non solo alla tetraciclina ma anche alla minociclina”(10). Questo può porre qualche problema in un futuro non lontano per la trasmissione della resistenza ad altri batteri patogeni (11). In uno studio condotto da Levy et al. (12), 280 pazienti con acne lieve-moderata vennero trattati per 12 settimane con eritromicina topica al 2% versus eccipiente e poi a seguire altrettante senza trattamento. Vennero effettuati prelievi sul viso (zona trattata), dorso (zona non trattata), orifizio nasale (non trattato) per identificare i ceppi resistenti di P.acnes. Risultati: sul viso fu registrato un aumento del numero di ceppi resistenti in maniera predominante nel gruppo trattato con eritromicina, che si manteneva peraltro nel periodo successivo; sul dorso, aumento di ceppi resistenti similare nei 2 gruppi, che scompariva unicamente dopo cessazione nel gruppo controllo; nell’orifizio nasale, aumento della % di S. aureus resistente nel gruppo trattato. Sono state rilevate anche modificazioni della flora faringea di pazienti acneici trattati: 33% di S.pyogenes resistenti di cui l’85% per le tetracicline, oltre al 22% di S.aureus resistenti. In uno studio con un numero elevatissimo di casi, è stato osservato che i pazienti trattati con antibiotici sviluppavano più frequentemente infezione delle respiratorie superiori (13). In aggiunta a queste considerazioni si segnalano sempre più di freque casi di endocardite e di artrite settica da P.acnes (14). E’ triste dirlo ma dopo 30 anni di uso delle Tetracicline nella cura dell’acne ci sono ancora questioni aperte che riguardano il dosaggio. Si sa che queste molecole hanno 2 meccanismi di azione. L’attivita’ antinfettiva alla dose di 200mg al giorno per Doxiciclina e Minociclina e a 600mg per Limeciclina e Metaciclina. A una dose > 50 mg al giorno, chiamata sub-antimicrobica, la Doxiciclina ha un’attivita’ antinfiammatoria attraverso la modulazione del TNF alfa e IL6, attraverso l’attivita’ antilipasica, l’inibizione della chemiotassi dei neutrofili, la eliminazione dei ROS e l’inibizione delle Metalloproteinasi dermiche. E tutto questo per tempi molto lunghi (6 mesi). Alla luce di quanto detto, insieme a molti altri mi pongo il problema se c’è un modo per ridurre e superare il problema della antibiotico-resistenza. Potrebbero tornare utili sostanze ad attivita’ antinfiammatoria topica? A esempio, nella terapia di mantenimento, le raccomandate associazioni di retinoidi con BPO non potrebbero giovarsi di terapie ancillari antinfiammatorie che permetterebbero addirittura una tollerabilita’ maggiore dei 2 attivi sopradetti? E’ evidente che siamo davanti alla necessita’ di una strategia terapeutica che limiti i rischi dell’antibiotico-resistenza e che abbia effetti antinfiammatori in linea con le attuali conoscenze. Allora perché non pensare a un principio attivo, la Nicotinamide, che attraverso proprietà antinfiammatorie sembra avere un’attivita’ pari alla clindamicina 1% topica? Essa è la forma attiva della Niacina (acido nicotinico, Vitamina B3) ed è un costituente fisiologico di tutte le cellule viventi, essendo una molecola necessaria per il loro metabolismo in quanto è incorporata nel NAD e NADP, che funzionano come coenzimi per una lunga serie di reazioni di ossidoriduzione. La nicotinamide è una sostanza solubile in acqua che la FDA ha inserito nella lista delle sostanze GRAS ”Generally Recognized As Safè’. Il fabbisogno giornaliero è di 15-20 mg, 1/3 dei quali viene introdotto con il cibo e 2/3 viene prodotto dai batteri intestinali a partire dal triptofano. I meccanismi d’azione con cui la Niacinamide esplica la sua attivita’ antinfiammatoria sono stati ben chiariti in numerosi studi clinici sugli animali e sull’uomo. Applicata localmente, si comporta come un agente antinfiammatorio attraverso l’inibizione della chemiotassi dei neutrofili, l’inibizione del rilascio di istamina da parte delle mastcellule, l’inibizione del legame dell’istamina ai recettori e la soppressione della trasformazione dei linfociti nella forma attiva. Gia’ in un articolo di Griffiths (Journal of Dermatol Treat -1995, 6,Suppl.1,S8-S10 ) un gel di Nicotinamide al 4% veniva considerata una alternativa valida per il trattamento della fase infiammatori dell’acne volgare. Nei 3 studi multicentrici, randomizzati, si rilevava una efficacia pari a clindamicina 1% gel mentre praticamente assenti o di scarso rilievo gli effetti collaterali. Nessuna segnalazione di dermatite irritativa o da contatto, di fototossicita’ o di fotoallergia. Con il grande vantaggio rispetto alla terapia con antibiotici topici di non indurre resistenza batterica. In conclusione, nella mia opinione, la si può considerare una terapia ancillare, complementare attiva in assenza di effetti collaterali locali, di natura antinfiammatoria per la cura dell’acne moderata. Con positive ricadute, sulla compliance del paziente e sul rischio di aumento di antibiotico-resistenza. E che dire dell’acido salicilico topico come coadiuvante nella terapia dell’acne? Esso potrebbe essere in grado di frammentare il biofilm del Propionibacterium acnes, una specie di colla biologica che tiene insieme i corneociti e permette di formare il tappo a livello dell’infundibolo. Questo dato, recentissimo, il cosiddetto biofilm, secrezione genomicamente determinata del P.acnes , ha implicazioni nella immunogenetica dell’organismo, sul corso clinico dell’acne e sulla terapia dell’acne comedonica e infiammatoria (doi: 10.1016/jaad.2007.05.013 ). Le 2 sostanze combinate sinergizzano tra loro e con la terapia tradizionale –retinoidi e BPO- dell’acne lieve-moderata. Una risposta concreta al grande puzzle dell’acne. (bibliografia su richiesta)

    • Residui cicatriziali da acne

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