della dott.ssa Lucia Brambilla, dermatologa
Tutte le fibre che compongono i tessuti possono essere causa di allergie e irritazioni cutanee, ma la ricerca sta mettendo a punto tessuti tecnologici con funzioni terapeutiche
Nel corso dell’8° Congresso Nazionale della SIDAPA (Società italiana di dermatologia allergologica professionale e ambientale), presideduto dal Professor Massimo Gola, ho avuto modo di presentare un lavoro che ha come oggetto i tessuti, e il ruolo da loro svolto non in caso di Dermatite Atopica, ma in relazione alla cute integra e sana. Per ben inquadrare il fenomeno, bisogna allora partire dalla classificazione e dalle caratteristiche fisico-chimiche delle fibre tessili, tenendo conto che essi possono sia essere responsabili di dermatosi che dispositivi medici utili in tanti campi della medicina. I tessuti compaiono nel neolitico (15.000 – 2.000 a.C.) e segnano nei materiali usati, nei colori, nelle attrezzature impiegate per costruirli l’evoluzione culturale e tecnica della civiltà umana. Le fibre tessili di cui essi sono composti sono strutture sottili, originariamente di tipo naturale, e solo più recentemente di natura artificiale o sintetica L’uomo impara subito a estrarre le fibre naturali già presenti sotto forma di filamenti nei vegetali (cotone, lino, juta, cocco ecc), o ottenibili tramite la lavorazione di elementi di diversi animali (seta, cotone lana, angora, cashmere, cuoio, pelliccia ecc). o nei minerali (amianto). Le nuove fibre artificiali sono composte da macromolecole naturali ma non ”tessili”, che vengono rese filabili con opportuni trattamenti: fibre naturali cellulosiche (viscosa, modal), fili metallizzati (oro, argento). Le fibre sintetiche o chimiche si fondano invece su macromolecole non naturali ma ”tessili”, che vengono prodotte per via chimica: fibre poliammidiche (nylon), fibre poliestere (microfibra). Queste sono prodotte dall’uomo partendo da materie prime di natura organica che, sottoposte a reazioni chimiche di polimerizzazione producono polimeri sintetici atti ad essere filati e vengono classificate sulla base della loro natura chimica, cioè della famiglia del polimero (poliviniliche, poliacriliche, poliesteri, poliuretanici, ecc). È noto, infine che la combinazione fra queste tre famiglie dia luogo alle cosiddette Fibre miste che in genere assommano i se le caratteristiche fisico-chimiche e allergologiche delle diverse specie originarie. Ognuno di questi tessuti può essere potenzialmente considerato un fattore responsabili o aggravanti di dermatosi. Qui si apre un grande capitolo della dermatologia allergologica che deve tener conto sia della trama del tessuto che dei prodotti usati per il trattamento e la sua eventuale colorazione. Oggi sappiamo che non si può escludere che i tessuti possano essere responsabili di DIC, che possano svolgere il ruolo di fattori aggravanti di dermatosi, ma anche di agenti scatenanti di DAC. Da anni all’interno della SIDAPA si discute di quanto frequentemente siano implicati i tessuti nella eziopatogenesi di patologie dermatologiche, nessuno è però in grado di dare numeri certi, mentre si è giunti alla conclusione che esistano meno rischi per i tessuti sottoposti a prove di solidità del colore, mentre essi crescono quando i tessuti sono veicoli di profumi microincapsulati.Altro grande tema su cui la ricerca dovrà necessariamente fare passi in avanti è quello dei tessuti come causa dello sviluppo di molte patologie professionali. L’attenzione ai rischi legati alla composizione dei tessuti non può, allo stesso tempo, far dimenticare l’importanza che essi assumono nella antica e recente storia dell’uomo fornendo protezione meccanica, termoregolazione, isolamento termico, fotoprotezione, e, funzioni specifiche più legate alla ricerca e alla tecnolgia più recente quando si parla di tessuti con capacità antimicrobiche, di fibre di argento per uso medico, di tessuti per la terapia della dermatite atopica (Padycare®, Seta Dermasilk®) o con ”effetti omeopaticì’, per elastici la terapia compressiva, utilizzati in caso di Sarcoma di Kaposi o Linfedema degli arti inferiori. A questo proposito riferiamo di uno studio condotto su 65 pazienti con linfedema delle gambe associato a Sarcoma di Kaposi, cui era stato prescritto insieme al linfodrenaggio manuale e alla fisoterapia, l’uso di calze elastiche. Alla riduzione del 60% del volume degli arti, a fronte di una condizione quasi immutata nel gruppo di controllo, i soli svantaggi registrati con le calze elastiche sono stati fenomeni di xerosi, prurito, sensazione di calore durante i mesi estivi e una relativa difficoltà a indossarle nei pazienti più anziani. Ma molto di più ci si attende da questi particolari tessuti per il futuro: a quelli ottenuti dalla Dibutirilchitina per un abbigliamento biologicamente attivo saranno aggiunti farmaci microincapsulati a rilascio graduale, ci si avvarrà di tessuti intelligenti con sensori, processori, rete wireless, che renderanno possibile un impiego in telemedicina per il monitoraggio dell’ attività cardiaca, respiratoria, motoria ecc.