Acneceutici e multifattorialita’

Le differenze etniche e legate al colore della pelle sono elementi che influiscono sulla clinica dell’acne influendo sui quattro fattori patogenetici della malattia

del dott. Giorgio Bartolomucci

L’acne è una delle dermatosi più comuni fra gli adolescenti e i giovani adulti. Un trattamento veramente efficace necessita di una corretta interpretazione della sua patogenesi e di come si possa approfittare della conoscenza delle diverse fasi cliniche per targetizzare al meglio la terapia. Durante il recente congresso EADV di Lisbona, in un interessante seminario satellite è stato affrontato proprio il rapporto che esiste fra le cure farmacologiche e complementari utilizzate per controllare e curare questa patologia. A tale proposito, per la prima volta, abbiamo sentito pronunciare un termine, Acneceutici, che bene rende il senso e il possibile ruolo di alcuni principi attivi nell’ambito di una terapia che di norma si protrae per un lungo periodo di tempo e richiede un notevole impegno sia da parte del paziente che dello specialista. ”Non si può infatti prescindere dalle aspettative del paziente – ha detto il dermatologo berlinese Berthold Rzany – parlando degli aspetti estetici dell’acne e il loro impatto sulla qualità della vita dei pazienti che, secondo diverse ricerche, viene a essere compromessa in maniera diversa, a seconda dell’età, del genere e della gravità percepita della malattia”. ”L’ acne vulgaris è la più frequente dermatosi che si riscontra nei gruppi etnici, costituendo il 28% delle diagnosi nella popolazione nera nordamericana, il 14% in Inghilterra e 30% in Francia, e ogni anno, nel mon­do e in particolare in Africa, si spendono milioni di dollari in prodotti, alcuni dei quali sono di formulazione incerta e potenzialmente pericolosa – ha spiegato uno dei maggiori esperti in dermatologia tropicale e delle migrazioni, il prof. Aldo Morrone, dermatologo e general manager dell’Ospedale San Camillo Forlanini di Roma – Questa patologia, inoltre, è anche diffusissima fra la popolazione latino americana e fra gli Asiatici. L’origine etnica e il colore della pelle sono da anni considerati aspetti da tenere presente nella gestione del paziente acneico in quanto i quattro ben noti fattori patogenetici (ipercheratosi, seborrea, colonizzazione microbica da parte del Propionibacterium acnes e l’infiammazione mostrano un differente impatto nei diversi gruppi. L’acne vulgaris delle persone di pelle nera si differenzia da quella dei bianchi. In tutti i tipi di lesioni (comedoni, papule, pustule, macule iperpigmentate e cicatrici depresse) la reazione infiammatoria è spesso sproporzionata rispetto alla sintomatologia e si estende ben lontano dalle lesioni. Le zone iperpigmentate sono ricche, invece, di granuli di melanina e di macrofagi pigmentati che si estendono fino al derma. Queste evidenze possono contribuire a spiegare perché nei soggetti di pelle nera l’acne anche lieve può facilmente esitare in cicatrici e aree iperpigmentate. Necessario quindi, tener presente queste differenze sia per mirare meglio gli interventi sia per scoraggiare il ricorso a un pericoloso fai da te terapeutico”. ”Trattare precocemente il cosiddetto terreno acneico significa doversi preoccupare dell’eccessiva produzione di sebo che può dar avvio all’acne, ma che come sappiamo non ne costituisce l’unica causa – sostiene la dott.ssa Irena Angelova-Fischer capo del Skin Physiology Laboratory del Dipartimento di dermatologia dell’Università di Lubecca – La seborrea, i comedoni e le lesioni infiammatorie tipo papule, pustule e noduli costituiscono un quadro clinico multifattoriale, cui bisogna dare risposte specifiche di natura preventiva e terapeutica. È necessario tener conto, quindi, che lo scopo di qualsiasi cura è soprattutto quello di controllare il processo nel tempo finchè non si spegne spontaneamente. Nelle forme lievi e medio gravi il trattamento topico è sufficiente a controllare il processo; nei casi più gravi, invece, può essere necessario associare una terapia sistemica”. Ecco quindi le conclusioni cui si è giunti nella Tavola Rotonda di Lisbona e il ruolo che potrebbero avere i cosiddetti Acneceutici, la cui formulazione risente delle migliori conoscenze dei fattori genetici, biochimico-ormonali, microbiologici e infiammatori alla base della malattia. Il primo punto è un approccio più attento a strategie alternative e complementari che facilitino la personalizzazione della terapia nei riguardi dell’ipercheratinizzazione del follicolo, dell’iperplasia della ghiandola sebacea e la seborrea, dell’ipercolonizzazione microbica oltre che dell’infiammazione. Ricorrere in maniera indiscriminata e massiccia agli antibiotici, topici e soprattutto sistemici, infatti, può non rivelarsi sempre la soluzione ottimale oltre a essere fonte di effetti indesiderati, interferenze farmacologiche e resistenza batterica. Meglio allora adattare allo stato clinico di ciascun paziente la specificita’ dei vari principi attivi associando fra loro i vari prodotti, potenziandone la sinergia o preferendo l’alternativa con meno effetti indesiderati. Gli acneceutici, allora, possono costituire, una categoria di formulazioni topiche efficaci, tollerabili e gradevoli cosmeticamente che facilitano la compliance e favoriscono l’istaurarsi di un rapporto medico-paziente più soddisfacente e più attento, oltre che alla componente medico-clinica, anche a quella più strettamente psicologica e estetica.